Il Genoa era in ritiro dalle "mie" parti:
A Levico Terme o Borgo Valsugana.
Insomma in uno di questi posti in Trentino ai confini con il Veneto.
Il rapporto che c'è stato tra me e Davide si può paragonare ad un "Amore" a prima vista.
Il cosiddetto colpo di fulmine tra due persone che avevano all'inizio una sola cosa in comune, il Genoa ,e poi stabilirono un legame di stima e affetto incommensurabili.
Decisi di prendere il trenino per Trento, quello che fa tutte le fermate, cambia a Bassano, che sembra cambiare marcia quando va in salita.
Il tutto a binario unico.
Piccoli paesini tanto sperduti quanto caratteristici, baciati dalla natura, svegliati solo dal fischiettare del locomotore e rimessi in marcia dalla paletta del Capostazione.
Un sentiero sconnesso mi porta al campo d'allenamento dove spero ci sia qualche seduta della squadra.
Mi siedo con le braccia all'indietro a fare da schienale e nell'attesa sfoglio un libro mi pare di Hrabal.
Con rallegramento ,noto che alla snocciolata comincia ad entrare qualche giocatore.
Non ricordo i nomi, non li ho fotografati né chiesto autografi.
Non c'erano tanti tifosi come di questi tempi che affittano campers e stanze d'albergo , bruciano le ferie estive, postando in ogni dove per comunicare al loro mondo la propria presenza.
Nella mia allora timidezza e nel sentirmi sempre perennemente un Foresto, che mi porto dietro come un carcerato condannato all'ergastolo, come la zavorra sotto la sella di un jockey, il Grifone era la mia personale ora d'aria, il galoppare a Longchamp.
Sempre in compagnia di Bohumil addento qualche paninetto e chissà che ci sia una partitella al pomeriggio dopo la loro pennichella.
Quel giorno la fortuna mi sorrise come quando indovino la Tris all'Arcoveggio:
C'era pure la sessione pomeridiana e quando mi appresto ad osservarla , mi si avvicina un signore che gentilmente mi chiede:
"Anche te Genoano?"
"Si", gli rispondo un pò seccato come se non fosse chiaro e scontato, senza far trasparire il mio "inconfondibile" accento veneto e nemmeno quello inesistente xeneise.
"Guarda che domani si allenano solo di mattina.
Se vuoi ci sono camere libere in hotel dove risiede la squadra"
Insieme ci avviamo verso l'alberghetto ai piedi della collina e fu lì che gli confessai di "essere Avellinese, che vivevo a Venezia ma ero Genoano".
Mi accompagnò alla Reception dove mi fu assegnata una camera singola al secondo piano:
Sul lettino un gagliardetto del Genoa.
Colazione il mattino dopo e quando mi recai per pagare il conto, il portiere non del Genoa ma dell'albergo mi disse:
"La stanza è stata pagata dal Signor Scapini".
Il tempo di andarlo a salutare , a ringraziarlo e a darci appuntamento semmai a Genova, magari a Venezia, nel "mio" di hotel.
Il trenino della Valsugana con tutte le fermate mi aspettava al binario unico di Levico Terme.
Da quel giorno e per quasi tutte le Domeniche andai a Genova.
Treno da Mestre alle 6.10 cambio a Milano per prendere al volo dal binario 19 l'Intercity delle 9.10 per Brignole:
Pranzo frugale e solitario (Grifondoro era appena nato a Masone😁) in una Trattoria appena dopo il Ponte sul Bisagno, partita spesso in tribuna con accredito puntuale al Botteghino da buon Democristiano Avellinese, ma solita uscita 5 minuti prima del fischio finale, per prendere quasi al volo l'Intercity da Brignole alle 17.10, cambio a Milano per il treno a Venezia delle 20 circa ed entro le 23, badge d'ordinanza per il turno di notte in Hotel.
Era l'unico modo per vedere il Genoa:
Lavorare la domenica notte e lo ho fatto per 9 lunghi anni.
Alla faccia del tifoso vero e falso da proclama Gilardiniano.
Non si contavano le volte che uscendo di corsa dal Ferraris speravo che la partita stesse sul 2-0 per una delle due squadre.
Odiavo l'1-0 , perché poteva succedere di tutto, che una vittoria si tramutasse in un pari e mi rovinasse il viaggio.
Sullo 0-0 riponevo più speranze in quanto non mi sarei perso che gli ultimi 5 minuti, ed un pari non era fonte di tristezza e incazzature lunghe 5 ore di ciufciuf.
Come uno scommettitore il bilancio però era sempre in negativo per le sconfitte, anche quelle quando salivo al volo sull'ultimo vagone.
Con Davide diventammo Amici anche con le nostre famiglie.
Ci ospitò a casa sua e scoprii la spiaggia di Sori.
Io che non amo il mare e men che meno gli ombrelloni, mentii quando la moglie mi chiese se mi piacevano.
A Lui , che era sempre al lavoro, avrei detto la verità.
Poi vennero tempi bui e sinceramente non ricordo la cronologia degli eventi.
Il suo rapporto con Scerni non andava bene e la malattia cominciò a farsi avanti.
Accettò una proposta della Juve e a malincuore lasciò il Genoa per poi anni dopo ritornare.
Quando seppi che era ricoverato al Niguarda presi il primo treno e quella indimenticabile volta, scesi senza cambiare
per Genova.
Quel reparto , lo ricordo nitidamente, sembrava l'Inferno di Dante.
C'era di tutto , anche un cinese che mi dissero di aver subito un trapianto di cervello.
Lo ricordo fasciato abbondantemente al capo, dal cui volto si intravedevano chiaramente i suoi occhi a mandorla.
Vidi Davide nel suo lettino, finalmente senza i suoi inseparabili occhiali nella sua Milano.
Promisi e pregai Iddio che se il suo trapianto fosse andato bene avrei chiamato il mio figlio maschio come lui.
E così fu.
Ritornò al Genoa ma non era più lo stesso di prima, faceva fatica a camminare e la promessa di venire a trovarmi a Venezia riuscì a mantenerla solo tanti anni dopo e con enorme difficoltà e un sacrificio ammirevole.
"Ma qui le barriere architettoniche sono un optional !", mi disse quando lo vidi arrivare in stampelle all'imbarcadero di Santa Lucia pochi passi da Lista di Spagna dove c'era il mio di hotel.
Riuscì nell'unica volta a pagargli la stanza , la 231 ricordo ancora il numero, con vista sul Canal Grande, per lui e la sua compagna.
Anche il suo matrimonio finì male.
Andammo non so come a Marghera in Pizzeria dal mio Amico Alfonso, Salernitano e Genoano, ma il giorno della sua partenza mi stupì ancora , compreso i miei colleghi e tutto il personale dell'albergo:
Grandi buste bianche con in bella evidenza la scritta Genoa 1893, piene di gagliardetti, sciarpe, guanti, qualche maglietta di allenamento, un paio di tute che lasciò in reception per distribuire al "solo personale dell'hotel", mi sussurrò quando imboccò l'uscita.
Non volle nemmeno il taxi acqueo e si che ne aveva bisogno.
A me un giubbotto ufficiale del Genoa con lo sponsor Costa che conservo ancora gelosamente.
Vennero i giorni difficili compreso quello più triste.
Avevo difficoltà ad andare a Genova quasi sempre e lui non stava bene.
Peggiorava.
Venne quel giorno che rappresenta anche uno dei pochi giorni in cui mi sono pentito amaramente e non mi perdonerò mai e poi mai.
Ci lasciò un 7 Giugno di qualche anno fa, quale non lo voglio ne cercare ne ricordare.
Lo stesso giorno era anche il compleanno di mia figlia:
Indeciso fino all'ultimo se andare a salutarlo per l'ultima volta o festeggiare, per modo di dire il compleanno di Ilaria, imperdonabilmente decisi di non rendergli omaggio e non c'è giorno che non me ne penta amaramente.
Avrei preferito aver commesso il peggior reato, ma non essere andato al suo funerale, dove c'erano tutti quelli che gli hanno voluto bene, è stato delittuoso e ingiustificabile.
A Levico Terme , a Borgo Valsugana ci sono tornato diversi anni dopo con la famiglia, i ragazzi allora piccoli, ma non ho il coraggio di avvicinarmi a quel campo di allenamento, dove usai le braccia all'indietro come schienale, dove un milanese nonché Segretario del Genoa 1893 invitò un avellinese sconosciuto, tifoso del Grifone a iniziare una bella ,indimenticabile, pagina di Vita.
Ora ricordo però, quale era il titolo del libro di Hrabal:
Spazi Vuoti.
Ianna