L'appuntamento indefinito, era fissato nei dintorni di un hotel .
Gambrinus, Royal Continental?
Macchè, dietro la stazione di Napoli Piazza Garibaldi.
Quale ?
Il Mignon del ritorno a Napoli di Ciro Di Marzio o uno dei 4 hotels di Borghese?
Null'altro che uno indefinito, dal nome vetusto che ospitava lucciole, femminielli e per una notte sola, appunto Genoani.
Un'ora solo per trovarlo, mezz'ora prima che lo pseudo portiere apra il portone a saracinesca, che non faccio in tempo a chiedere degli ospiti tifosi del Genoa che il solertissimo portiere, un cinese che parlava un perfetto napoletano , prima che apro bocca mi stoppa come un difensore:
"E' l'unica occupata nun te puoi sbaglià".
Erano mesi probabilmente che non avevano ospiti.
Le scale di ingresso, con moquette spelacchiata ricoperte da due dita di polvere che non sarebbe bastata una idrovora a levarla via, mi immettono su un pianerottolo color bianco ospedale.
Busso almeno venti volte anche dolcemente a quella specie di porta somigliante ad un sacrario egizio , non era l'alba ,ma nemmeno mezzogiorno e finalmente dopo una buona decina di minuti, qualcuno non ricordo chi, con una faccia da Zombie mi apre.
"Jamme jà scetateve guagliù", sembravo Mario Merola in Guapparia.
Quando si entra in una stanza di albergo ,specie se alle primi luci del giorno , non ti aspetti certo di vedere tutto in ordine o che si respira un inconfondibile profumo di pulito, ma quello che ricordo quel giorno, era un odore di tanfo che sembrava di essere alla Solfatara di Pozzuoli:
Calzini sparsi ovunque, maglie disseminate come mine, borsoni contenenti chissà quali conserve o torte sigillate con carta stagnola.
La particolarità a primo acchitto è che il tutto lo si è potuto notare, solo dopo e non subito in quanto la stanza era del tutto oscura.
Sarebbero serviti gli Spy Gear usati per la liberazione degli ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran, ma non credo li avesse in dotazione il Cinque Stelle di Corso Novara.
La stanza non era tale e sicuramente non si poteva definirla alla stregua di un attico a Manhattan, ma sembrava un garage grande e buio.
Finestre altissime che mi hanno ricordato i casermoni di Pankow a Berlino o i Panelaky di Kacerov a Praga.
Le finestre erano ricoperte non da tendine ma da tendoni marroni scuro ,alti almeno tre metri se non quattro:
Per spostarli da destra a sinistra ci voleva la scala dei Vigili del Fuoco.
Al primo tentativo caddero un paio di elefantini, quelli che fanno da gancio sui binari, mentre l'asta per aprire questo tendone da circo chissà per cosa era stata utilizzata e dove era finita.
Tra non poche proteste i prodi genoani si alzarono dai loro letti molto simili a quelli del film La Favorita. tra lenzuole di seta , cuscini con piume d'oca e spruzzate di Paradoxe Prada che irradiava quella sorte di androne grande come tre posti auto.
Una tazza di caffè al volo al mitico Mexico appena dietro l'angolo, e passeggiata canonica verso i Vicoli Spagnoli, San Biagio dei Librai, fin su Via San Gregorio Armeno.
Sembravamo una comitiva di scolaretti il cui cartellino identificativo era però una sciarpa rossoblù.
Appena avanti la statua imponente di Garibaldi, una pizzeria all'aperto con le canoniche sedie bianche e tavolini unti dall'olio e dal tempo, frigge quantità industriali di pizze fritte:
"Uè venite accà, oggi offrimmo nuje".
Non aspettavano altro i Genovesi.
E così verso Spaccanapoli, dove il solo vederci bardati di rossoblù è sinonimo di gentilezza e ospitalità.
Manca solo che ti aprono la porta di casa o del negozio per offrirti "na tazzulella e'cafè".
"L'acqua ve serve? Un taralluccio ca a'sugna v'aggrada?, " ripete una signora seduta davanti o'bancariello con le immancabili sigarette di contrabbando.
Pur giocando in casa ed essendo eternamente foresto anche a Napoli chiudo il gruppo, attento a non aprire bocca, a non far scoprire il mio accento manco fosse il saldo del conto corrente:
Non mi va di ascoltare ancora una volta che un "Napoletano" abbia deciso di tifare Genoa.
Come mi urta da sempre di aver sentito per anni, il perché "un Avellinese tifasse Genoa".
Ora che Preziosi non c'è più non ho nemmeno più quell' alibi.
Anzi se potessero oggi mi darebbero pure l'ergastolo solo per la città da cui provengo.
Insomma gioco sempre fuori casa e sono sempre colpevole per non avendo mai commesso il fatto.
Tra fermate come fossimo un bus di linea , soste vietate e foto, raggiungiamo lo Stadio dove da buon "straniero in patria" mi dileguo e lascio la scena.
Non ricordo nemmeno quale tra i tanti Napoli Genoa fosse.
Lo lascio se vorranno ricordare a chi c'era, immerso tra paninetti, torte pasqualine, sciarpe e l'immancabile striscione Gir.
Il mio viaggio era già finito appena iniziato.
Per una volta non tornavo al Nord ma rimanevo al Sud.
L'importante non era aver visto il Genoa ,ma aver visto e incontrato i tuoi Amici a casa tua e non nella loro città.
In fondo Napule è, altro non era che il Pullmino da 9 e una pizza fritta dietro Piazza Garibaldi.
Ianna