Ho apprezzato molto i post di Marco, Edo ed Enzo, condividendo sia il tema dell’Islam (il rifiuto di una certa visione del mondo distinguendo i singoli individui) che quello del rispetto del dolore altrui.
La mia visione è sempre stata molto semplice: le tifoserie le ho tutte sul belino con eccezioni sia in positivo (Pisa e Toro) che in negativo (Verona e Milan insieme alle merde, ça va sans dire) senza mai confonderle con le singole persone. Perché se uno è un coglione o un grande uomo non è importante la squadra per cui tifa.
Allo stadio non ho mai gradito cori e insulti irrispettosi verso il dolore, per esempio quelli insopportabili su Superga o Heysel, seguendo Enzo, ma anche gli insulti verso i giocatori avversari se mirati su problematiche personali sensibili, come il famosissimo “Filippo non lo sa…”. Capisco la labilità del confine ma ragiono così e mi comporto di conseguenza, cercando di evitare insulti personali ai protagonisti se non meritati per comportamenti scorretti o episodi clamorosi.
Chi mi conosce sa delle mie “simpatie” per Gasperini o Novellino ma, nel mio novero di insulti, non c’è posto per quelli efferati sulla persona o su loro problemi se reali e seri.
Andando a Maignan, in quanto portiere di una squadra che ho molto “a cuore”, lo insulterei in tutte le maniere tranne quella scelta dai protagonisti dell’episodio a Udine. Perché il razzismo verso le persone di colore ha una storia e un attualità che non può non essere assimilata all’insulto personale di cui sopra.
Al contrario non dare una botta di “merda” a un giocatore di colore, nel caso in cui lo meriti, è un assurdità a suo modo discriminatoria al contrario.
Infine sposo in pieno il tema sollevato da Enzo e Mister Niet sull’atmosfera attuale degli stadi che non mi appartiene per motivo generazionali ed è destinata a peggiorare ulteriormente in questo senso anche senza rimpiangere il Far West anni ‘80 in cui sono cresciuto perché, al netto delle nostalgia dettata dall’incedere degli anni, sarebbe assurdo soprattutto per chi qualche pattone lo ha rimediato ed ha vissuto dolori personali e collettivi che gridano vendetta rispetto a quanto meriterebbe il carozzone indipendentemente dal contesto.
La storia va avanti, anche se con qualche tornante che riporta al passato pur mantenendo la direzione, ed è giusto che il Genoa sia vissuto dai ragazzi secondo il loro modo nel loro mondo. Gli ignoranti e gli imbecilli ci saranno sempre considerando come lo stadio, oggi come duemila anni fa, è un luogo deputato a sfogare senza vergogna gli istinti più beceri nella speranza (vana) si riesca a limitarli fuori. Altrove, purtroppo, cambiano semplicemente le modalità e le “scuse” ma la violenza non sparisce… assume semplicemente forme subdole nascondendosi dietro a moventi e giustificazioni più serie, che non sono comunque mai sufficienti a giustificarla per davvero.