Ho appena assistito a una sbroccata di Caressa su Di Bello:
“Non deve arbitrare mai più…”
“Ci spieghino come fa a essere ancora internazionale, a noi che lo vediamo arbitrare tutte le domeniche”
“Pubblichino i voti subito!”
Le prestazioni di Di Bello sono effettivamente imbarazzanti da anni, lo sappiamo molto bene con ancora negli occhi lo spintone a Goran Pandev proprio all’olimpico mentre stava per tirare a porta vuota oppure sventagliate di cartellini nel primo tempo a rovinare partite a ripetizione con tanto di atteggiamenti strafottenti e sorrisini.
Improvvisamente se ne sono accorti a Sky, dopo aver subito l’onta di “open VAR” su DAZN dove, guarda caso, è tutto un susseguirsi di giustificazioni ed equilibrismi dialettici.
Importa davvero poco il contenuto delle posizioni assunte rispetto alle dinamiche di potere e agli interessi economici dei vari attori della quarta industria italiana. Molto più significativi i messaggi subliminali e la pressione nei confronti di chi rappresenta i gangli vitali del sistema:
broadcasters a pagare e battagliare per la supremazia cercano sponde sulla Lega, spesso ricattando, in cui le grandi provano a modificare le regole per definire a piacimento format di campionati e regole, la FIGC (a cui appartiene l’AIA) fino al CONI a barcamenarsi con logiche parastatali e vincoli di mandato. In mezzo, oggi si direbbe fluidi, i procuratori a rappresentare gli interessi dei così detti “top players”, strapagati in spregio alle perdite colossali dei club che pagano gli emolumenti.
Un sistema complicato le cui dinamiche non sono completamente intellegibili se non risalendo ai soldi o seguendo le dichiarazioni, spesso strumentali e pretestuose, dai vari dominus o dei loro lacchè. Infantino, Ceferin, Florentino Perez, Jorge Mendes a livello internazionale.
Gli yankee come Stan Kroenke all'Arsenal, John W. Henry al Liverpool e la famiglia Glazer al Manchester United, accomunati dal fatto di possedere squadre di altri sport professionistici in patria e dal distacco con cui gestiscono tre club fra i più gloriosi della Premier.
Marotta e Lotito in Italia con Agnelli se parliamo di società oppure Malagó e Gravina in un paese dove il “pubblico” ha da sempre e in tutti i settori un ruolo preponderante rispetto ai confronti esteri.
Infine le TV, con Len Blavatnik ad insidiare Ruper Murdoch almeno in Italia con investimenti a perdere che prima o dopo dovranno tornare, anche con ulteriori fusioni o spingendo per modifiche dei format più remunerativi. Ad esempio minacciando di tagliare i fondi alla maggioranza delle squadre di A che stanno facendo valere il diritto della maggioranza ad opporsi al taglio delle squadre a 18.
In tutto questo noi tifosi siamo una barchetta di carta in mezzo all’oceano; le moine degli imbonitori alla Caressa, ma non solo, quando combattono le loro battaglie di potere in nome del pubblico di cui interessa soltanto il codice CIV della carta di credito per addebitare l’abbonamento a fine mese, fanno sinceramente ribrezzo… altro che Di Bello…