Zatopek
Io sono ancora più vecchio. Il pallone di cuoio con le stringhe era quasi sempre sformato, soprattutto nei paesini più piccoli. Quando spioveva dai rinvii altissimi del portiere, terrorizzava i difensori che dovevano colpire di testa. E spesso evitavano di farlo. Ferite da pallone di cuoio colpito di striscio non erano infrequenti, cosî come le nocche e le dita slogate del portiere. Le scarpe (non tutte) avevano i rinforzi sulla punta e arrivavano alle giovanili dopo aver fatto una gloriosa carriera nelle squadre maggiori, ormai diventate rigide come scarponi da sci. I chiodi dei tacchetti emergevano in barba a qualunque espediente e ti bucavano i piedi. In inverno andavano le maglie di lana, che sotto la pioggia e nelle pozzanghere puoi immaginare. Inoltre, dopo vari lavaggi, si restringevano e si infeltrivano. Se non erano in tinta unita, uscivano colori imprevedibilmente mischiati. Quelle del Genoa, per esempio, nella parte centrale dove si incontravano il rosso e il blu, diventavano viola. In molti campetti periferici le docce erano un optional. Ricordo lo spogliatoio di Erba (che era una cittadina non proprio sperduta) con due grandi mastelli per lavarsi. C'erano ragazzi delle valli alpine e prealpine che si alzavano alle cinque del mattino per scendere a giocare alle 15:00 coi vari mezzi pubblici. Altro che auto e telefonini. Anche se qualcuno li invitava a venire il giorno prima della partita e a fermarsi a dormire, rifiutavano. Perché? Semplice. Perché a 14 anni già lavoravano e nessuno concedeva permessi. E le risse, col pubblico a bordo campo, erano risse vere. Altri tempi, nel bene e nel male.