edoardo777 Meno giustificato è il nazionalismo in altri settori.
Ciao Edo. Il calcio è lo spazio dove lasciamo liberi istinti primordiali… è fatto apposta, basta andare a visitare il Colosseo e leggere qualcosa per trovare stupefacenti analogie, non solo architettoniche, dopo duemila anni. Uno sfogo sociale, snacks salati e stuzzicadenti compresi.
Il luogo del “tifo”: faziosità allo stato puro.
Per quasi tutti noi, penso, il Genoa rappresenta un esperienza totalizzante che impedisce lo spazio a sentimenti analoghi per altre entità. Da italiani poi, facciamo grande difficoltà a identificarci con la nazione, concetto costruito recentemente e non “sentito” per ragioni antropologiche evidenti nella terra dei comuni e dei dialetti, dove il toscano moderno è stato insegnato da un americano in TV ad una stragrande maggioranza analfabeta nel primo dopoguerra.
Personalmente ho consolidato un rapporto ondivago con la nazionale italiana di calcio, per cui mi sono lasciato davvero andare a undici anni al mondiale spagnolo pur conservando ricordi dolcissimi legati a tutta la mia vita, come la vittoria a Dortmund nel 2006 in compagnia di mio padre nel momento in cui stava definitivamente cedendo al cancro oppure con i miei figli, i quali per ora stanno perdendo riferimenti di infanzia con le mancate qualificazioni ai mondiali e assistendo al più lungo periodo di vuoto, a livello di talento sportivo, da parte dei nostri pedatori. È successo anche a Francia e Spagna in passato… sono cicli e ricorsi storici.
Le parodie del ragionier Fantocci ben rappresentano un sentire popolare, ancora presente nei deserti urbani durante le partite di europei e mondiali dove i connazionali, seppure con malcelata vergogna e persino rinnegando, si trovano ancora davanti alla TV a smoccolare. Come in tutti i fenomeni nazional popolari, dando il peggio nel bene e nel male.
Sono d’accordo con te, l’Italia dell’82 fu poesia calcistica pura in barba agli esteti del gioco e alla presunzione suicida dei brasiliani che schierarono, perdendo, il miglior centrocampo della storia (di quelli visti dal vivo da parte del sottoscritto ndr). Il bruttissimo anatroccolo di qualificazioni e girone preliminare che mutò in splendido cigno, dominando il mondo e concludendo in spettacolo e gloria.
Lo specchio del paese e di una nazione raffazzonata, dove la normalità viene vissuta in spregio alle più banali regole di convivenza civile e, improvvisamente, nelle emergenze e nei disastri, riesce miracolosamente a dare lezioni a qualunque altro popolo lasciando tutti basiti. Vale lo stesso anche per le aziende, tanto è vero che i manager italiani vengono cercati sopratutto per gestire le emergenze o mercati dove si lavora costantemente a tamponare attraverso “task force”.
Non mi si parli infine di fanatismo nazionalista perché se giudico il nostro comportamento in questo senso, come spesso ho letto anche qui, viene giustamente angoscia ma se confronto con altre nazioni (ad esempio Francia, Olanda, Inghilterra o Spagna per rimanere vicini alla vigilia degli europei) possiamo prendere lezioni ovvero darle al contrario visto il grado di becerume con le quali mediamente affrontano l’argomento e vivono la cosa.
Non solo, molte culture nord europee soprattutto calviniste, ci considerano spazzatura accusandoci di ogni male al netto di qualsiasi ragionevolezza e sono avvezzi a difendere la loro reputazione nazionale nascondendo qualsiasi magagna (corruzione in primis dove eccellono) mentre noi amiamo culturalmente sputtanarci da soli anche oltre il dovuto. Basta cercare tra i nazionalisti olandesi eletti al grido “mai più un Euro all’Italia” quando sono il paese più privilegiato dalle sovvenzioni europee a cui noi partecipiamo come terzo contribuente netto.
Eppure sono per molti i “simpaticissimi orange”… che vadano affanculo insieme ai soliti francesi e tutta la combriccola. Almeno se parliamo di calcio, lo spazio della libera fazione, fatemelo dire!