Io ho rischiato di diventare tifoso delle strisciate dato che mio padre è milanista e da bambino ho visto i fasti del Milan di Shevchenko e Kakà, ma per fortuna mi sono salvato, ho scelto deliberatamente durante l’adolescenza il mio amore per il Vecchio Balordo, in un momento nel quale in realtà tutti sono già segnati, ma nessuna squadra è mai riuscita ad accendere la passione in me come il Genoa. Perché nelle infinite sofferenze che ci offre, ogni minimo gesto, una vittoria, una bella azione, un bel goal, significano tanto, più di qualsiasi trofeo. Solo chi soffre impara ad amare no? Ecco, più soffro per il Genoa, più lo amo.
Ma in realtà non sono io il protagonista, adesso ve ne racconto una particolare. Come ben già sapete, mio bisnonno materno, tal Gino da Maina, leggenda del Savona, giocò da giovane un paio di partite col Genoa prima che fermarono i campionati causa Guerra.
Ovviamente per quanto fosse legato al Savona (e ci mancherebbe!) non ha mai nascosto la sua grande simpatia per il Genoa ed il suo odio per i ciclisti, così come la sua prole dopo di lui. Ebbene c’era una cosa però che gli piaceva più del Genoa: mangiare! Così si narra che non seppe resistere e andò ad una ribotta con amici al rumente club locale. Gli regalarono una spilla che portò attaccò alla custodia degli occhiali e tenne per tutta la vita (se la portò nella tomba, assieme alla maglia del Savona e la sciarpa del Grifone). Suo figlio, ovvero mio nonno, gli menò il belino per tutta la vita e non perdeva occasione per ribadirglielo: “Papà ti sei venduto per un piatto di ravioli!”. Ma lui per giustificarsi diceva sempre che “nella vita bisogna essere sportivi”. Sa lui, però a quanto pare i ravioli au tuccu li facevano buoni sul serio.