Per vincere prima ci si assicura la vittoria e poi si dà battaglia. Oggi siamo costretti a dare prima battaglia per poi cercare la vittoria, cioè la miglior ricetta per perdere.
Ultime spiagge, drammi e bocciature senza appello sono esattamente quello che dobbiamo evitare in questo momento. Facile farsi prendere la mano e mandare tutto a puttane… a 31 giornate dalla fine sarebbe un suicidio.
Le responsabilità sono a Miami, NY e Genova, come abbiamo discusso allo sfinimento, e non sul muretto QdM. Viene facile polemizzare e la tentazione è forte da parte di tutti nei confronti di tutti.
In campo gli infortuni, prevedibili in qualche caso ma non con questa frequenza e intensità, hanno azzoppato il tentativo di formazione di nuovi equilibri di fatto impedendo si creassero.
Naturalmente anche l’allenatore e i calciatori non sono esenti da colpe.
Oggi serve altro, servirebbe altro. Spero questo ambiente nel suo complesso sia in grado di farlo perché i personalismi in questa situazione sono esattamente quello che va evitato in nome del bene collettivo che ha un solo nome: lotta!
Devono venire a Genova e cagarsi letteralmente nelle braghe perché al primo tentativo di respirare gli salteranno addosso trentamila più undici assatanati.
Bene, compito dell’allenatore e dei giocatori, non nostro, capire che è finito il momento di arrivare sulla trequarti e passare la palla dietro, si guardino dentro e trovino la forza perché “Noi siamo il Genoa e chi non ne è convinto posi la borsa e si tolga le scarpe” (cit.Franco Scoglio)
Tre mesi per fare vedere ancora a tutti cos’è il Genoa e come reagisce quando è ferito.
Tre mesi di battaglie da vincere o perdere con tatuato in fronte: “la resa è inconcepibile” (cit.Alberto Gilardino).
Tre mesi per vedere se oltreoceano hanno capito che il loro interesse è un altro rispetto alle cazzate fatte dal 15 al 30 agosto.