edoardo777
Come spesso accade, caro Edoardo, vai nel profondo del tema.
In breve, da ció che ho compreso vivendo e da quello che, di conseguenza, penso, la violenza non è giudicabile solo dal gesto, che puó avere origini diverse e va contestualizzato, ma è soprattutto la scelta consapevole di rapportarsi con gli altri, di risolvere il dissidio, la contrapposizione,tramite il potere della forza fisica o delle armi.
Chi si ribella ad un’oppressione di qualsiasi genere, non usa la forza o le armi come metodo di vita,ma come necessità, come l’aspirare a liberarsi da un giogo, come una ricerca di senso e dignità data una realtà subita e non cercata.
Questo puó riguardare un singolo o qualsiasi gruppo di persone che rispondono ad un’aggressione o ad un’ingiustizia grave, alla negazione dei diritti primari degli esseri umani.
Altro aspetto, fortemente distinto da quanto sopra,riguarda la violenza delle nazioni che non sempre, ma spesso, ha come unica ragione il metodo e la volontà di imporre il potere organizzato degli stati e l’interesse di pochi
per tutti i profitti che si formano tramite i conflitti e l’esercizio strategico della violenza.
Non distinguere i diversi livelli, i gesti dalle motivazioni, è quel “pacifismo incosciente” che hai opportunamente citato.
Un abbraccio!