La prima cosa da fare è uscire dalla "sindrome Shevcenko", quell'atteggiamento da vittime designate che vanno in campo per fare un pic nic in attesa che il mercato porti acquisti favolosi. Si deve giocare le proprie carte con chi c'è, come se non ci fosse un domani, altro che rinforzi, Di Marzio, Pedullà, Mashi e distrazioni varie.
Ma soprattutto Gilardino deve avere coraggio. Il coraggio di svestirsi dei panni della principessa Taitù e di accettare di essere equiparato a Gigi Cagni.
In conferenza stampa non deve perdere tempo. Si deve limitare a imparare a memoria solo una frasetta, che ben sintetizza la raffinata impostazione tattica: "Siamo Grifoni. Andiamo a Roma per battere quelle merde. E la Meloni è 'na zoccola".
Anche Zangrillo, una volta tanto, potrebbe dare una mano, visto che viene intervistato spesso e volentieri. Siccome la sua memoria vacilla, meglio che si scriva quello che deve dichiarare sul polsino della camicia immacolata. "Alla vigilia di questa partita, mi corre il dovere di affermare che Paparelli e Sandri erano ebrei, che Di Canio ha sangue Rom e che Bruno Giordano in realtà è un transessuale, registrato in origine all'anagrafe col nome di Loredana".
Naturalmente il presidente soubrette chiederà ai 777 una camicia nuova per rimpiazzare quella col polsino imbrattato e naturalmente i 777, dopo un'accurata analisi della situazione finanziaria, gli faranno una leva, proponendo solo il rimborso della lavanderia. Ne nascerà un contenzioso che potrebbe incidere sul bilancio del club e ritardare ulteriormente l'allestimento del Centro Sportivo, che a Palermo hanno fatto in un solo anno. Ma Gilardino terrà saggiamente la squadra al riparo dall'aspra polemica.
Per decidere la formazione bisognerebbe sapere quali sono le condizioni fisiche di Badelj e se Malinovsky ha i 90 minuti nelle gambe. Lasciamo in panca il primo e rischiamo il secondo.
Il modulo, contro una squadra che gioca con due attaccanti esterni e un girovago centrale, è tassativamente il 4231 spurio.
Ma il segreto non è lo schema. È l'estrema ferocia e applicazione di chi scende in campo.
Esorcizzate le sue timidezze e le sue divagazioni estetiche, Gilardino-Cagni, contro una squadra ricca di tecnica, ma poco fisica e poco disposta a soffrire, virerà su una marcatura a uomo inesorabile. Anzi, una marcatura a distruggere l'uomo, con riferimento principale alle sue caviglie e al suo sistema nervoso.
Ecco allora una bella difesa a 4: Bani Dragusin Vogliacco Vasquez.
Contro punte mobili si può rischiare Vogliacco, che dimostri cosa sa fare. Deve prendersi cura di Ciro e seguirlo ovunque, provando a massaggiarlo come si deve e a infilargli un dito negli occhi ogni tanto, ripetendo il mantra: "Napul'è 'na ciofeca. Le tre maggiori schifezze sono 'o Vesuvio, la pizza e la gran zoccola di tua madre".
Dragusin presidia l'area e fa da scudo alle incursioni laterali. Avrà stampate negli occhi le crude immagini delle impalature ad opera del conte Dracula e scenderà in campo coi canini finti ma affilati.
Bani marca duro Zaccagni, il cui nome è una sintesi calcistica tra Zaccheroni e Cagni. Alla vigilia gli verranno mostrate per ore le immagini dei ragazzi impiccati dai Repubblichini di Salò e verrà allenato a far male all'avversario senza farsi male lui stesso, come purtroppo tante volte è successo. La vigilia di Vasquez, che marcherà ferocemente Anderson, trascorrerà con la visione delle immagini cruente delle torture dei narcos nei sobborghi di Ciudad Suarez, finché non avrà gli occhi iniettati di sangue.
Sistemata la difesa (un castello inespugnabile) tutto diventa più semplice, esaltando il pressing, la corsa, il contrasto sull'uomo in ogni zolla del campo. Frendrup morderà le caviglie di Luis Alberto, concedendogli solo le giocatine inutili. Imparerà a dire "Cabron, mariquita, hombre de mierda, me cago en tus muertos". Questi mantra sono importantissimi nell'equilibrio generale della partita e riassumono la filosofia di gioco. Strootman, davanti alla difesa dall'altro lato, si prenderà delicatamente cura di Kamada, muso giallo del cazzo. Il trio centrale sarà composto, inizialmente, da Malinovsky a destra, Thorsby al centro e Gudmund a sinistra. Thorsby sovrasterà Cataldi impedendogli ogni giocata che non sia il passaggio indietro al portiere e soprattutto quei triangoli che Sarri ha copiato a Renato Zero. Fatto questo, arretrerà a fare il baluardo centrale davanti alla difesa. Metterà il muso nell'area avversaria solo sui calci d'angolo, o più realisticamente "sul calcio d'angolo", ammesso che ne otterremo uno. Ruslan e Gudmund non faranno gli esterni. In fase di non possesso si limiteranno a presidiare la fascia, concedendo a Marusic e a Lazzari lo scatto in profondità e stringendo centralmente verso il vertice dell'area. L'idea è creare un castello che impedisca l'inserimento laterale e li induca a crossare mille volte, tanto Milinkovic non c'è più e di testa non ci dà nessuno. Quindi, se succede che arrivi una palla a Zaccagni come quella di Brekalo, il difensore non tenta intercetti alla Biraschi, se ne rimane ai limiti dell'area, dove Marusic e Luis Alberto trovano il muro schierato di Frendrup, la vicinanza di Ruslan, subito dietro Dragusin che digrigna i denti e di fianco Thorsby che stringe con gli scarponi da sci. In fase di possesso verranno cercati Ruslan e Gudmund per provare a combinare qualcosa, ma senza soverchie pretese. Potrebbe essere una buona idea quella di rinunciare al possesso, che francamente è imbarazzante, sparare pallacce in fallo laterale, stile rugby, e riassestarsi per menare senza ritegno. A Malinovsky, col permesso di Ianna, si potrebbe raccontare che Marusic è russo e ha fatto parte delle brigate Wagner. Davanti rimane isolato l'ex centravanti della Nazionale, che proverà a pressare e a scalciare gli avversari a tiro. Non si faranno prigionieri. Gilardino, in panchina, alla prima occasione potrebbe dire a Sarri quello che Sarri disse a Mancini, giocando d'anticipo. Un escamotage brillante sarebbe quello di mandare di tanto in tanto Biraschi a scaldarsi, come se dovesse entrare presto in campo. L'ipotesi destabilizzerebbe i giocatori laziali, che, alla prospettiva, comincerebbero a farsela addosso dalla paura.
Con questo schema si arriverà quasi sicuramente all'ora di gioco sullo 0-0, a meno che riuscissimo a segnare sull'unico famoso calcio d'angolo di cui si è detto.
All'ora di gioco, con loro che si buttano avanti disperati e perdono le distanze, ecco la grande finezza tattica. Dentro Badelj (se Strootman non ce la fa più), con Thorsby che scala su Vecino, entrato al posto di Kamada, e via al contropiede. Sì, perché la vera, stupenda mossa tattica è in realtà la sostituzione di Retegui con Ekuban, che prima mostrerà i denti a tutti i laziali terrorizzandoli e poi rincorrerà tutti i palloni sparati a caso, anche quelli in tribuna. L'effetto sarà devastante. Ma l'inserimento di Ekuban diventerà utile soprattutto se, inopinatamente, la Lazio dovesse trovare il vantaggio. Infatti lui farà discretamente il dito medio alla curva fascista laziale, che s'incazzerà di brutto. A questo punto ci saranno le condizioni per chiedere la sospensione della partita per insulti razzisti. Richiesta che verrà immediatamente accolta dall'arbitro Marinelli, che cadde nel fiume a primavera sospinto da un ultrà laziale (notizia indiscutibilmente vera perché certificata da Lussana).
Gilardino conquisterà i punti e le folle, anche se forse non sarà del tutto contento. Infatti c'è caso che non gli venga riconosciuta la prestigiosa analogia con Cagni, ma piuttosto si dirà che ha fatto punti giocando alla Blessin. Se così fosse, l'esonero da parte della Corrente Mediterranea, in attesa di Gasperini possibilmente entro il secolo, sarebbe quasi automatico.
Ma intanto la classifica si è mossa e con la media di mezzo punto a partita per 27mila abbonamenti l'algoritmo si elettrizza.