Chi mastica Genoa da più di mezzo secolo sa bene che ci sono dei segnali che vanno al di là di qualsiasi considerazione tecnica, tattica e perfino di disponibilità economica. Segnali che, a coglierli, puoi scommettere che retrocedi anche se in squadra hai Beckenbauer e Maradona. I segnali si sono visti, nel primo tempo vanamente dominato, nei gol sbagliati, nel pareggio del Cagliari, nell'estemporaneo vantaggio degli isolani, nel terzo gol genoano annullato per centimetri. A quel punto era evidente che il destino era segnato, al di là di questa singola partita. Poi il segnale si è invertito. Il cielo si è squarciato ed è apparso un incredibile raggio di luce, sotto forma di uno di quei gol che sui campi professionistici vedi una volta ogni 50 anni, forse. Era un raggio che faceva giustizia, come e più di Nordio e Gasparri, ma quando mai il Genoa aveva beneficiato di simili doni degli Dei?
La costante è che, fuori casa, il Genoa finora ha sempre segnato. Oggi addirittura tre gol. C'è quasi da sperare in una lunga squalifica del Ferraris.
Nel primo tempo il Genoa segna con Vitinha, sbaglia due gol clamorosi con Norton-Cuffy e Colombo, rischia di prendere gol sul primo calcio d'angolo a sfavore (tiro debole di Deiola nelle braccia di Leali), resiste sul secondo e sul terzo corner, ma sul quarto becca gol, come da regolamento. Poco male, perché poi torna in vantaggio con Ostigard in posizione da centravanti, ma nel giro di un minuto concede il pareggio. Per una volta non su calcio da fermo, ma siamo sempre lì: il gol nasce da un anticipo di testa di Borrelli su Ostigard e Vasquez, che vanno sullo stesso pallone lasciando un buco enorme al centro della difesa. Inutile ogni considerazione tattica: nei pressi della nostra porta di testa non ci siamo.
Così si va al riposo sul 2-2, in una partita dove potevamo tranquillamente avere un doppio vantaggio.
E difatti, come non detto, alla prima occasione Borrelli segna ancora di testa, saltando sopra Marcandalli, assorto nel pisolino pomeridiano. Il Genoa accusa il colpo, tenta di riorganizzarsi, riesce a segnare con un tiro stratosferico di Colombo, annullato. Il colpo è doppio e lo si nota nelle gambe dei calciatori. Intanto De Rossi ha messo in campo Gronbaek, poi Ekuban e Carboni. Sembra un accanimento del destino, ma improvvisamente succede qualcosa che non appartiene alla storia del Grifone. Arriva un gol piovuto dal cielo, uno di quegli episodi incredibili che in passato si sono verificati, semmai, dalle parti di Bogliasco. Un gol fantascientifico di cui non ho memoria se non nei campionati di Lega Giovanile a cui partecipavo secoli fa, quando i campi con ciuffi di zolle sparse rendevano le parabole imprevedibili. Ma qui non c'è nemmeno la scusa del campo disastrato. Puro miracolo.
Ora la partita diventa solo una difesa ad oltranza del pareggio, con prevalenza di lotta greco-romana rispetto ai gesti tecnici del calcio. E così finisce.
Che dire? Un bel Genoa, che però forse così bello non è se becca 3 gol.
C'è un problema in difesa sulle palle alte ed è molto complicato puntare il dito contro la difesa in una giornata dove, mediamente, Ostigard e Vasquez hanno dominato. In avanti Vitinha conferma la crescita in termini di pericolosità già fatta intravvedere nelle ultime giornate. Purtroppo è sempre frenetico e voglioso di strafare, con la conseguenza che si allunga spesso la palla quando punta a rete. Colombo comincia a muoversi con maggior criterio, ma il gol sbagliato da 6 metri e palla libera grida vendetta. In mezzo gran lavoro di Thorsby, Frendrup prezioso ma oscuro, Malinovsky così così. Norton-Cuffy la solita bestia deminante, nonostante i cambi frequenti, nel primo tempo, di avversario, con Pisacane, successore designato di Fabregas, che si inventa continue inversioni da destra a sinistra e da sinistra a destra di Palestra.
Espulso nel finale, salterà la prossima. In classifica siamo sempre lì.