GrifonRoma
Ottimo primo tempo. Ottimo punto. Chi recrimina per il pareggio non ha provato a mettersi nei panni di un tifoso del Bologna. Ma non fermiamoci ai risultati numerici, che dicono per noi: due tiri in porta, un gol e una traversa. Lusso statistico.
No, guardiamo ai progressi della squadra, nel gioco e nell'atteggiamento psicologico. Nel primo tempo pressing alto, ma soprattutto verticalità non appena si conquistava palla, voglia di far male. Forse quello che intende Gilardino quando ripete il mantra "determinare". Nel secondo tempo contenimento deciso e consapevole fino al crollo delle energie. Per difendere devi anche dare all'avversario l'impressione di potergli far male, altrimenti si piazzano nella tua metà campo e ti schiacciano. Purtroppo Retegui è stato peggio di Ekuban come minaccia potenziale, perché non ha dato nemmeno l'impressione di potere scattare per 10 metri in profondità né di lottare facendo casino. Dispiace aver preso gol al 95° su corner dubbio, ma meglio così che prendere gol al 75° e ritrovarsi a soffrire e probabilmente a perdere nel finale.
In generale la squadra ha preso fiducia e finalmente non gioca il pallone guardando sempre all'appoggio indietro. Ha un atteggiamento che rende orgogliosi i tifosi. Il problema ora è conservare questo patrimonio di fiducia anche quando arriveranno gli inevitabili rovesci. Ricordiamoci che, pur giocando al meglio, abbiamo dimostrato di poter pareggiare con chiunque, ma raramente e faticosamente vincere. Tra l'altro, la maggior propensione offensiva e la visione in avanti ha fatto molto bene a Martinez, obbligandolo a diventare un portiere normale, che para il parabile e spesso molto bene quando i tiri sono prendibili con la potenza partendo sul posto. Devo ancora vederlo parare guadagnando terreno con le gambe, ma basta già così.
Gilardino sta superando l'esame. Dovrebbero rinnovarlo al più presto, in modo da dare un senso al mercato abbozzando una squadra del futuro. Forse non sarà l'allenatore a cui chiedere il salto di qualità, ma vista la situazione finanziaria si profila un altro campionato di piccoli passi e per crescere di un altro passetto meglio la continuità che la creatività e il cambiamento.
È fondamentale, in questo girone di ritorno, individuare i pilastri portanti del futuro. E cioè sapere chi tra Albert, Retegui, Messias e Malinovsky è nostro e chi invece giocherà il finale di campionato con la testa altrove. Chi potrà affiancare Vasquez, Bani, Frendrup e Martinez nel dare solidità e continuità nel prossimo campionato. Non è questione di chi offre e quanto. È questione di fissare un punto fermo col giocatore (procuratore), stile Marotta, perché se non fai così per tempo è lui (loro) che decide il suo destino e ti lascia nell'incertezza fino all'ultimo. Ovviamente bisogna sporcarsi le mani e dare manciate di nero al procuratore, ma anche i 777 lo capiranno.
A mio modo di vedere, pessimo arbitraggio. Non c'è bisogno di rigori o di espulsioni per arbitrare male. Il sopravvalutato e antipaticissmo Colombo ha usato il Genoa per far vedere al mondo quanto sia severo, purtroppo a senso unico. Va detto che molte delle sue decisioni sono state al 50% "merito"del pubblico che, nel condizionare l'arbitro, è stato bravissimo, creando ad ogni decisione quel clima che serve. L'ammonizione di Vasquez, il corner da cui è scaturito il gol ed altre decisioni sono state "chiamate" dal pubblico. Una volta era così anche al Ferraris. Ora si canta per 100 minuti, ed è una cosa bellissima, credo molto sportiva e molto sentita dalla squadra, ma non impatta più di tanto sull'arbitraggio e sugli avversari. Per fare pressione serve di più la partecipazione a quel che succede in campo nei momenti topici. Da bambino, nel vecchio Ferraris, ricordo ancora l'urlo unanime che accompagnava come un fiume in piena ogni avanzata dei giocatori del Genoa e il boato non appena uno di loro veniva sfiorato e cadeva a terra. E il coro "Genoa, Genoa" che si interrompeva solo a fine azione. Forse una via di mezzo tra un atteggiamento e l'altro servirebbe di più, ma è inutile guardare indietro, quando non c'erano telefonini, si giocavano tutte le partite alla stessa ora, di domenica, e la gente andava allo stadio vestita della festa, con le camicie bianche.