Bortolazzi
Ciao grande Borto. Più che un kommercialisten ci vorrebbe un business developer come AleR - e scommetto darà il bianco quando risponderà.
Ne abbiamo parlato tante volte - Mashi nel frattempo ha già anticipato un sacco di considerazioni condivisibili- quindi proverò semplicemente a seguire, facendo sintesi:
la Serie A, in generale, si presenta ancora come un’opportunità in ragione delle sue debolezze strutturali: club con bilanci sotto pressione, stadi vecchi in concessione e ricavi limitati, ma un marchio di risonanza mondiale (è stato per vent’anni il miglior campionato al mondo) che aspetta solo di essere valorizzato.
Fondi di private equity e gli operatori opportunistici (vi dicono qualcosa?) entrano pagando multipli depressi, puntando a uscirne con rendimenti di 1,5–2× in un orizzonte di 4–6 anni.
Sul fronte opposto, aziende familiari (alla Saputo o …) e fondi infrastrutturali guardano a rendimenti più stabili, cercando dividendi del 3–5 % annuo su orizzonti di 10–20 anni.
In mezzo, i grandi player tech e media valutano il calcio come piattaforma di contenuti esclusivi, senza vincolo di exit temporale. Però in Italia non si sono visti, sul fronte squadre.
Per rendere credibile un percorso di crescita, ogni club deve agire su quattro pilastri.
In primo luogo, lo stadio: tra nome in affitto, Sky box ed esperienze varie possono generare fino a 5–10 milioni di euro extra ogni stagione.
Poi il settore giovanile: potenziare scouting e formazione dei giovani può restituire plusvalenze stabili da 10–15 milioni l’anno.
Terzo, i canali social (OTT, NFT, fan token), utili per conquistare tifosi globali con ricavi aggiuntivi da 2–5 milioni.
Infine, sponsorship e licensing internazionali, capaci di portare in cassa altri 3–7 milioni grazie a merchandising ed e-commerce.
Il Genoa incarna perfettamente queste dinamiche. Oggi il club convive con un indebitamento ancora elevato e ricavi da stadio frenati da una struttura vecchia e in concessione.
Sul campo, la lotta per la metà alta della classifica e un piazzamento in Conference o Europa League restano obiettivi essenziali per sbloccare bonus UEFA. Solo intervenendo in modo deciso su infrastrutture, talenti e digitale potrà ambire a un valore di mercato (AleR lo chiamerebbe fair value) di 200–300 milioni di euro.
Il piano per il Genoa deve prevedere una ristrutturazione dello stadio o la nuova costruzione come discutiamo da anni; una stabilizzazione del livello attuale del settore giovanile per garantire 10–15 milioni di plusvalenze annue; lo sviluppo di piattaforme digitali per incassare 2–5 milioni da nuovi canali digitali; e accordi commerciali internazionali per ottenere 3–7 milioni grazie a merchandising e licensing.
Ed è questa la mia risposta, Borto: in questo modo diventerebbe appetibile non più esclusivamente per chi cerca una plusvalenza rapida, ma per investitori strategici di medio, lungo periodo.
Il futuro del Genoa (e della Serie A) si gioca sul delicato equilibrio tra performance in campo, innovazione digitale e valorizzazione immobiliare. Chi saprà gestire insieme questi fattori trasformerà un asset sottovalutato in un investimento solido, capace di generare sia plusvalenze sia flussi di cassa ricorrenti.
E magari farci divertire senza farci patire come beline quali siamo sempre stati tutti quanti insieme, qui sopra 😉