Alla fine è arrivato il patteggiamento tra la Wada e Iannik Sinner a cui sono stati comminati tre mesi di sospensione. Nel merito una puttanata, il male minore per salvare la faccia rispetto al “reato” di responsabilità oggettiva, a detta dell’organo antidoping necessario per evitare assoluzioni a raffica per chi assume sostanze attribuendo la responsabilità ad allenatori o fisio.
Non sono un medico e devo starmene di quanto sembra appurato dalle analisi, ovvero l’insignificanza della quantità di sostanza rilevata, assunta per errore di terzi.
I casi sono due: quanto rilevato è servito per coprire altro, allora dovevano dargli tre o più anni senza discussioni, oppure non si è dopato quindi la responsabilità oggettiva, già discutibile di per sé, è una puttanata colossale.
Pur capendo la convenienza reciproca, da una parte salvare la faccia e dall’altra non rischiare ulteriori danni irreparabili - uno o più anni sarebbero un disastro in uno sport dove la costanza e la testa sono tutto - questo patto lascia l’amaro in bocca perché si presta a interpretazioni. Se la Wada sostiene che non si è dopato, era in buona fede, ma va squalificato ugualmente per un’infrazione in via di depenalizzazione, la cosa è talmente assurda da indurre sospetti di accordi segreti.
Subito, infatti, è partito il “fenomeno” Nick Kyrgios e tutto il cucuzzaro.
Spiace per Iannik ma soprattutto per il tennis e per lo sport in generale, ammesso si possa ancora parlare di competizione sportiva sé il tema diventa tutelare il buon nome di una istituzione il cui problema è la sopravvivenza, dopo aver inanellato figure barbine colossali alle quali, in confronto, l’assoluzione in questo caso avrebbe fatto meno del solletico.
Spiace.