La sensazione è che si sia alla vigilia di una frattura epocale. Con la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda inizia l’era “VUCA”: volatility/uncertainty/complexity/ambiguity.
Non le democrazie, come da vulgata, ma gli equilibri geopolitici cementati dalle ferite aperte della seconda guerra mondiale e imbullonati dalla minaccia nucleare, hanno fruttato quasi un secolo di stabilità in Occidente.
Senza contrappeso, crisi dopo crisi, la pace armata governata dagli States scricchiola facendo emergere le contraddizioni insanabili del capitalismo senza regole dove rischiano di fallire gli Stati mentre alcune majors capitalizzano migliaia di miliardi esentasse.
Fare affidamento sulle democrazie rappresentative non ha senso, se mai lo ha avuto, data la tendenza alla mediocrità insita al consenso soprattutto con lo sfumare delle generazioni che conquistarono la cosiddetta “libertà”. Solo chi portava le stimatte del “secolo breve” con due guerre mondiali, i genocidi, una guerra fredda e la minaccia della bomba atomica, poteva difenderla.
Le Frattocchie, i dorotei e la formazione politica sturziana citate da Edo sono l’eco di un mondo perduto, già marcio, deflagrato a Berlino e successivamente avvitato in una spirale di individualismo che ha corrotto le persone nel profondo con bisogni sempre più vacui. Auto generati e stimolati all’infinito senza essere in grado di regalare altro che ansia e depressione.
In questo vuoto non possono che proliferare le destre, subdolamente e falsamente in grado di impossessarsi della “protesta”, mistificata come sempre da chi non ha altro interesse che tutelare l’ordine costituito. Dal momento che la sinistra moderata diventa anch’essa conservatrice, rappresentante di establishment burocratico asservito alla finanza, si entra in un gioco delle parti senza soluzione di continuità dove nessuno crede più in niente e rimane solo l’afflato degli ideali senza direzione o speranza.
Ipocrisie allo specchio: a furia di rincorrere il consenso indirizzato alla conservazione i politici non sanno più cosa inventare se non alzare i toni e far dimenticare definitivamente come l’importante, in politica, non è nemmeno tanto cosa si dice o si intende fare ma cosa si rappresenta.
Per quello rimpiangiamo, giustamente, Berlinguer ma anche i suoi avversari in un paese dove l’ultimo politico degno di questo nome, con tutti i suoi difetti, è stato Ghino di Tacco.
Li chiamavano “statisti”… semplicemente avevano la capacità e la forza di portare avanti una visione di futuro. Di crederci per farsi credere.
Merce introvabile oggi, in un mondo dove nessuno ha i coglioni di dire cosa andrebbe fatto, come ma soprattutto “perché”. Infatti non sono in grado di convincere nessuno e, di questo passo, arriveranno a governare con il dieci percento dei voti fino a quando i sapiens inventeranno un modello alternativo.
A quel punto l’Europa si compirà in quanto, inesorabilmente, necessaria.