FerrettiLindo1893
È tutto vero. Infatti bisogna considerare una serie di fattori.
Alla base di tutto, secondo me, c'è l'osservazione fatta da Sunnyboy. I fondamenti tecnici si possono insegnare nelle scuole calcio, ma la scuola della strada è insostituibile. E la scuola della strada è legata al contesto sociale. Non a caso le nazioni che hanno saputo valorizzare per prime i cittadini di etnie straniere hanno ottenuto i migliori risultati. Quando avevo casa in Francia vedevo giocare sulle spiagge e perfino sugli spiazzi sacri del petanque orde di ragazzi quasi tutti di etnia nordafricana ed ero affascinato dai gesti tecnici. Ritmo vertiginoso e ricerca costante dei "colpi": finte, controfinte, dribbling. Nelle scuole calcio italiane, se un ragazzino prova a dribblare lo insultano. Adesso si gioca che restituisci palla frontalmente al corpo, invece di provare a controllarla e a girarti. È giusto e più funzionale. Ma se lo insegni come must fin da quando un ragazzino ha 10 anni, non saprà mai più cosa fare col pallone tra i piedi. Gigi Meroni passava ore, da bambino, a giocare da solo calciando contro il muro. Il pallone alla fine lo trattava coi piedi come noi mortali lo tratteremmo con le mani. Fino ad Alberto Tomba tutti gli sciatori italiani della Nazionale erano montanari. Prima di fare agonismo, con gli sci ai piedi facevano quello che un atleta fa con gli scarpini, su qualsiasi terreno e su qualsiasi neve. Avete mai provato a scendere tra i pali su una pista verticale ghiacciata facendo slalom con gli scarponi? Non te lo insegnano a scuola. Quando uscivamo dalle lezioni del pomeriggio (due volte a settimana) giocavamo fino a quando faceva buio a "pelotina". Per strada, ovviamente. La pelotina era una pallina di 8cm di diametro. Ci eravamo divisi in due gruppi, esistenziali, ed avevamo inventato la pelotina per fare giocare anche gli scarsi. Il più temuto era un certo Scognamiglio che abitava in montagna e aveva gli scarponi. Più calci che calcio, ma anche azioni, dribbling e "dai e vai" con una cosina tonda che rimbalzava da tutte le parti. Dopo due ore di pelotina anche un morto riusciva a controllare un pallone di 25cm di diametro. La strada è la base di tutto. Ma c'è altro.
Proibito giocare in strada e proibito giocare in spiaggia. Ok. Ma non è proibito solo in Italia. E qui entrano in gioco i criteri delle scuole calcio, dove comunque i ragazzini che hanno giocato in cortile o palleggiato contro il muro hanno un vantaggio. La Svizzera, con una popolazione inferiore a quella della sola Lombardia, ha una Nazionale che a mio avviso è tra le candidate a entrare regolarmente tra le prime 8 d'Europa. Non una volta tanto, ma con una regolarità pluriennale. Io la davo semifinalista a questi europei, al netto delle bizze del sorteggio, ma purtroppo mi pare che non sia al top fisicamente. Bene, Jena può testimoniare, anche con un video che mi ha inviato, come si insegna ai ragazzini nelle scuole svizzere di calcio. Maschi e femmine che si allenano e giocano insieme. È un paese dove non solo è proibito giocare a calcio in strada, ma dove è perfino proibito circolare con l'auto sporca. Eppure decine e decine di ragazzini di tutte le etnie forniscono costanti ricambi alla Nazionale e ai club professionistici di alto livello. Tutti allevati con i criteri del divertimento, dell'inclusione e della sportività. Poi, su cento, dieci finiscono nei club svizzeri, dieci al Chelsea o al Tottenham, gli altri 80 trovano di meglio da fare dopo aver imparato i valori del "fare squadra" e "rispettare gli altri". Un esempio. Campionato U12. La squadra dove gioca mio figlio va in trasferta. Gli avversari, causa un incidente al pullmino, sono in 9. Nonostante sia in gioco la classifica del campionato, gli allenatori si parlano. L'arbitro accetta sulla parola che la squadra in trasferta ceda due ragazzi alla squadra incompleta senza inficiare il risultato. Mio figlio è uno dei due ceduti ("chi è d'accordo di giocare per gli altri?"), segna 5 gol, la partita finisce 6-3 per gli incompleti, la squadra che ha ceduto i giocatori perde il primo posto in classifica, ma non fa ricorso né niente. Si sono divertiti e hanno imparato qualcosa.
Il calcio non è l'atletica. Un ragazzo con doti fisiche adeguate, preso da adolescente, se ha un briciolo di talento lo puoi allenare sui 400 metri o sul salto in lungo, ripetendo fino allo sfinimento gli stessi gesti. È una questione di sacrificio. Magari non arriva al top, ma nel corso degli anni guadagnerà costantemente decimi di secondo. Nel calcio puoi fare progredire nella tattica, nei movimenti e correggere certi difetti di base,ma non trasformerai mai un brocco in un campione, soprattutto in quei ruoli dove è la fantasia e muovere i piedi e ipiedi rispondono agli impulsi della fantasia. Si dice che Gilardino ha trasformato Vasquez in un difensore top. Il messicano si capiva che aveva carattere e piedi buoni fin dal suo arrivo. Ma si vedeva subito (e l'ho scritto) che si portava dietro un problema di rigidità delle spalle e dei muscoli del collo che influivano sull'agilità dei suoi movimenti. Ha lavorato su questo problema ed è tornato da Cremona con una mobilità migliorata, che lo ha fatto progredire molto, non fosse altro che per il fatto di girarsi sia a destra sia a sinistra con disinvoltura. Il resto ce lo aveva già di suo.
L'Italia è in ritardo nella costruzione dei giovani e a mio modo di vedere è un ritardo incolmabile. Il futuro del calcio non è qui, e forse nemmeno in Europa. Il vantaggio della tradizione si attenua giorno dopo giorno e l'impulso arriva da altri continenti, ancora privi di organizzazione per la crescita dei talenti, ma pieni di giovani promesse.
Ultima annotazione. La Spagna asseconda il talento dei ragazzi e si propone come un esempio educativo. Ma non succede per caso e solo nel calcio. Gli Spagnoli, rispetto a Italia e Francia, negli ultimi 30 anni hanno raggiunto risultati eccezionali nel tennis, nel golf e in altre discipline sportive lasciando libero di esprimersi il talento, poi incanalandolo. Ma alla base c'era una politica di campi da tennis gratis, di campi da golf gratuiti, di attrezzi forniti in prestito. Si diceva che il successo del calcio era dovuto al fatto che bastava un pallone per fare divertire un nugolo di ragazzini sbandati in strada. Da noi è difficile che in strada trovi gruppi di tre ragazzini, altro che nugoli. In compenso, se anche i diseredati del "barrio" possono accedere a sport individuali come il tennis e il golf, qualcosa succede. E a calcio giocano quelli che hanno un talento specifico, non tutti i caproni stimolati da padri frustrati.