Eccoci alla partita che non avrei mai voluto, men che meno al primo turno dell'eliminazione diretta. Come Genoano sono piuttosto tiepido verso le nazionali e seguo europei e mondiali più rilassato se non c'è l'Italia in gioco. La mia simpatia per la Svizzera non coinvolge emozioni ed è più una simpatia di striscio, la stessa che riservo alla Danimarca (per via di un quasi figlio ucciso, che mi sembra di rivedere ogni volta che inquadrano la tifoseria danese) e che riservo in genere alle outsider.
Ma Italia-Svizzera non è per me una partita qualunque per via delle tante persone a cui sono legato, i cui sentimenti so che sono pesantemente in gioco, soprattutto da parte italiana. Quindi nessun risultato mi fa contento, ma soprattutto c'è sempre un risultato che semina tristezza tra i miei amici.
Dal punto di vista calcistico, forse per la prima volta dopo decenni la Svizzera si presenta da favorita, per il poco che significa.
L'Italia soffre la Svizzera da sempre. Ho ricordi lucidi del primo mondiale in assoluto trasmesso in TV, quello del 1954. Ero bambino e per trovare un televisore si doveva fare il giro di tutti i bar del circondario, dove l'oggetto magico era preso d'assalto da decine e decine di avventori. Bambino, io venivo fatto accomodare, seduto a terra, proprio sotto il televisore e, guardando in su, vedevo sagome deformate in movimento. A quei mondiali che si tenevano in Svizzera con formule strane, Italia-Svizzera fu uno spareggio per accedere alla fase finale. Si giocò a Basilea e l'Italia si beccò un sonoro 4-1 che la rimandò a casa. Era l'Italia frustrata del dopoguerra, che in precedenza si era già distinta per aver aggredito un arbitro negli spogliatoi. Soffriva una sindrome da accerchiamento che durò a lungo (vedi Cile 1962).
C'è da aggiungere che, nella Svizzera tedesca, già montava una deriva anti-italiana, che toccherà l'apice nei primi anni 60. Moltissimi lavoratori italiani, insediati lassù, si scontravano con una realtà sconosciuta. Molti di loro erano analfabeti, provenivano da una realtà che ancora ammetteva legalmente il "delitto d'onore", subivano un trattamento discriminatorio sui luoghi di lavoro ma, nonostante il grande lavoro delle organizzazioni sindacali e cristiane, faticavano a capire che esistevano le leggi anche a loro tutela e preferivano risolvere le questioni a botte e a coltellate. Curiosamente la Svizzera tedesca, piena di rifugiati d'ogni dove accorsi in grande massa durante la guerra, ben accolti e ben accettati, se la prendeva con gli italiani immigrati lassù per lavorare, poco integrati e visti come concorrenza a basso costo nel mondo del lavoro. Totalmente diversa la situazione nella Svizzera Italiana, dove migliaia di rifugiati perseguitati dal fascismo continuavano a risiedere lì, molto ben integrati. Questo avveniva per la facilitazione della lingua scolastica (allora lì si parlava ticinese, ma tutti gli Svizzeri Italiani studiavano l'italiano a scuola), ma soprattutto perché i rifugiati antifascisti erano in maggioranza intellettuali attivi nel dibattito civico, spesso investiti di cariche pubbliche o dirigenziali.
Ancora una volta, ai mondiali cileni del 62, Svizzera e Italia si ritrovarono nel girone eliminatorio, ma si incontrarono quando entrambe erano già di fatto escluse. Vinse l'Italia 3-1, ma non gliene fregò niente a nessuno.
Da allora in poi il calcio svizzero, esaurita la fase di eccellenza tattica derivata da famoso "verrou" di Rappen, che fu poi sviluppato da Rocco e da Herrera in quello che sarebbe stato definito "catenaccio", fu relegato a "calcio periferico" mentre il calcio italiano, presa faticosamente coscienza della superiorità tattica, entrò a pieno titolo tra le potenze europee.
Queste riminiscenze storiche sembrano pletoriche, ma sono invece il fondamento di tutto ciò che è avvenuto dopo, anche quando nessuno si ricordava di quelle vicende, tuttavia impresse nel DNA e vive nel subconscio.
Dall'alto della superiorità calcistica, l'Italia continuava a soffrire la Svizzera, riversando nel calcio una pretesa di "redenzione" che trasformava ogni partita in una faticosa dimostrazione di superiorità. Il fiato dei tanti italiani, ormai ben inseriti in ogni cantone svizzero e ormai più nazionalisti (in chiave rossocrociata) degli Svizzeri stessi, ma sempre bisognosi di una catarsi calcistica consolatoria, condizionava la serenità della nazionale italiana al punto da metterne in discussione la superiorità.
Con questa chiave si possono capire certe topiche inaspettate degli Azzurri a cospetto dei Rossocrociati, non ultima l'eliminazione dai mondiali del Qatar.
Ma c'è un dettaglio che nessuno coglie e di cui nessuno parla, e qui aspetto le considerazioni di Jena.
La Svizzera ha un complesso d'inferiorità mascherato e ben nascosto nei confronti dell'Italia. Nel calcio e ancor più a livello politico-sociale.
Si tratta in origine di un senso di frustrazione derivante dalla sensazione di efficienza e virtuosità apparentemente non riconosciuta e premiata. Ma come? Gli Svizzeri seguono le regole, non fanno debiti, vantano un PIL pro capite invidiabile e, nonostante tutto, gli Italiani li trattano come montanari scemi. L'ansia del perfezionismo è il tallone d'Achille di tutte le minoranze culturali e, per ragioni linguistiche, la Svizzera è minoranza culturale 3 volte, nei confronti dei germanici, dei francesi e appunto degli italiani.
La frustrazione si trasforma in complesso d'inferiorità anche nel calcio, dove gli Italiani con le pezze al culo possono permettersi ingaggi proibitivi per le squadre della ricca Svizzera.
I giocatori che scendono in campo soffrono questo paradosso e vengono attanagliati da sensazioni di rivincita che ne minano la serenità. Per quanto più solida e sperimentata come squadra, la Svizzera che scenderà in campo oggi non sarà la stessa Svizzera vista in precedenza. Sarà molto più contratta mentalmente e indotta a mettersi sulla difensiva.
Non si tratta di scelte tattiche, ma di quelle variabili impreviste che si impadroniscono dei giocatori in campo.
Oltre tutto, la Svizzera sarà priva di Widmer, che non è un fenomeno, ma che è l'unico giocatore della rosa in quel ruolo, l'unico che non ha un sostituto. La sua assenza imporrà modifiche tattiche nel meccanismo collaudato della squadra.
Per il resto, grande solidità difensiva imperniata su Akanji (che per me è uno dei migliori difensori al mondo) e rapidità nei rovesciamenti di fronte, con due attaccanti esiziali negli spazi.
L'Italia è un mistero. Fallita la pretesa di Spalletti di comandare il gioco, dovrebbe aver deciso per una forma di controllo manovrato, vale a dire passaggetti menatorrone nelle zone comode del campo e tentativi di aggressione dalle fasce, ma senza esagerare.
A meno di una catarsi miracolosa dell'Italia ne dovrebbe scaturire un finale ai rigori.
Va però detto che, nel dentro o fuori dell'eliminazione diretta, l'Italia è nel suo brodo.
Tanto il calcio italiano è tetragono alla normalità, tanto è forte nella resistenza eroica del duello all'ultimo sangue.
Vedremo.
Auguro a tutti quelli che guarderanno la partita di divertirsi. Io non mi posso permettere di divertirmi, ma proverò ad essere obiettivo.