AleR
Caro AleR
provi e riprovi… dopo ritenti ancora, e ancora: niente!
Cocciuto come un mulo, permaloso come una siciliana cornuta di seconde nozze se ti scappa un complimento a una sua amica, convinto di una convinzione granitica sussista un politburo quando, invece, tutti quelli che conosci di persona lo spalleggiano amorevolmente mentre il presunto convitato di pietra è composto da writers mai visti.
Lo schema è consolidato e viene ripetuto all’infinito: una battuta lì, una frecciata là.
E poi similitudini, metafore, metonimie, allegorie, ossimori, sineddoche, antonomasie, iperboli: tutte le figure retoriche mirabilmente maneggiate su bersagli indiretti (allenatore, DS, sabelli oppure pescando da tutto lo scibile umano) fino a quando, dal mazzo, un disgraziato si lascia andare e viene colto in fallo per un epiteto o una frase sfortunata.
A quel punto parte il tormentone secondo le migliori tradizioni della drammaturgia partenopea: onte imperdonabili che lo portano a inerpicarsi nei crepacci della disperazione nei quali, inevitabilmente, cade. Non scrivo più!
Il povero protagonista del famoso “2%”, ad esempio, rimarrà basito da principio per poi essere, col tempo, perdonato con grande magnanimità. Ma il pubblico vivrà nel mito per il resto dei suoi giorni.
La verità è che senza di lui il dibattito suonerebbe effettivamente stantio e noioso, soprattutto di momenti di stanca rispetto a notizie e fatti rilevanti da commentare.
Trattasi indiscutibilmente di un talento senza eguali, lo dico con sincera ammirazione. Ad esempio l’evocazione del Guru come etereo portatore delle sue teorie è geniale.
Se però uno prova ad andargli dietro, viene mandato inesorabilmente ai matti.