Mi sveglio.
La causa é il dolore diffuso che ormai mi fa compagnia da settimane. Venticinque giorni per la precisione. Non ne posso più.
Ma é anche colpa dei due vecchietti che mi fanno compagnia in stanza, che russano come due antiche segherie del basso piemontese. Gli amici li hanno soprannominati Milan e Kevin, come i due vecchietti del centrocampo del mio Genoa. Che è sempre meno mio per colpa del giocattolaio irpino e dei bancarottieri di Miami. Antonio, il compagno di stanza vicino a me, oltre a non farmi dormire la notte, rompe i coglioni anche di giorno, coi suoi aneddoti sulla vita vissuta che non importano a nessuno e le sue teorie complottiste da boomer eterodiretto. Lui é Strootman, e non pensavo lo avrei sopportato meno del fisico bestiale della lavatrice olandese. Alberto invece é più taciturno, sta vicino alla finestra e guarda fuori, come per cogliere segnali dalla vita all'esterno di questo posto, da questo non luogo che ci ha intrappolato da troppo tempo. Fortunatamente ogni tanto riesce ad interrompere Antonio dai suoi soliloqui con battute ironiche e pungenti.
Guardo anche io fuori dalla finestra. Colgo le prime, luci dell'alba. Mi prende lo sconforto perché so già che non mi riaddormenteró più. E, solo Dio sa quanto avrei bisogno di qualche ora di sonno ben fatta.
La luce del telefonino si accende.
Sarà qualche notifica di Telegram. E a scrivermi scommetto essere Pasquale. Mi chiederà le condizioni giornaliere. Me la menerà un po' su Culardino e Vendolini. Io gli farò credere di aver visto partite di campionati improbabili, tanto lui oltre il Liverpool, il River e l'Atletico non conosce nulla. Anche se, devo dire, questa condizione mi ha obbligato a guardarmi tutta la Coppa America che qualche spunto interessante me lo ha regalato. Non quella noia mortale dell'Europeo, che é stato vivacizzato solo dai due ragazzini terribili che giocano esterni alti nelle furie rosse.
Prendo il telefonino, leggo la notifica.
È proprio Pasquale. Ho vinto la scommessa. Per fortuna che c'è lui. Ora gli rispondo. Passiamo un po' di tempo insieme. Ci meniamo un po' il belino a vicenda e mi fa passare un mezz'ora lieta e spensierata, prima dell'arrivo dell'infermiere bulgara e dei suoi modi da SS, con la colazione che servono nelle carceri turche di massima sicurezza.
Anzi no. Mi sdraio e chiudo gli occhi. Antonio e Alberto hanno smesso di russare.
Chiudo gli occhi.
Vediamo se riesco a prendere sonno e a guadagnare un'oretta di riposo...