“Studiare il dualismo tra anima e corpo, approfondirne le ragioni, conoscere l’esito teorico sembra la prova di chi ha deciso di trascorrere la sua vita chino sui libri e non di uno come me”.
Per lei, Adam Masina, trent’anni, terzino sinistro del Torino giunto qualche mese fa in prestito dall’Udinese, è il pallone invece il principio e il destino della sua esistenza.
Giocare sempre, fare ogni sforzo per convincere il mister a schierarmi in campo ogni domenica. Questo è ciò che faccio. I miei piedi mi conducono avanti o indietro nella gerarchia che ogni squadra produce. Perché esistono le obiezioni, le diverse valutazioni, le critiche, le proposte di sostituzione in campo. E tu devi fare resistenza allenandoti il doppio per persuadere, convincere e possibilmente vincere.
Masina è italiano di seconda generazione con doppio passaporto (gioca nella nazionale marocchina) ed è rimasto irretito ai tempi del liceo – tra un tackle e un fuorigioco – nella speculazione filosofica.
Dovevo valutare, nella tesi della maturità, se fosse condivisibile l’idea del corpo come pura materia, come disvalore e non corredo insostituibile dell’anima. Ho studiato (appassionandomi parecchio) le differenze tra le visioni esistenzialistiche di Schopenhauer e quelle di Platone.
Alla fine degli anni settanta abbiamo avuto Paolo Sollier, ala sinistra del Perugia, bomber della classe operaia. Sollier il calciatore partigiano, l’attaccante col pugno chiuso. Ma il terzino filosofo è una novità assoluta.
L’idea che chi gioca al pallone sia un bamboccione inerte, un tronco di legno con un vocabolario modesto e rozzi progetti di vita è un’idea primitiva di chi popola questo mondo. A Udine spesso mi ritrovavo con alcuni compagni di squadra, in particolare Daniele Padelli e Marco Silvestri, con i quali si affrontavano tematiche impegnative.
Cioè?
Lo stato dell’economia, i problemi dello spread, il valore dell’integrazione.
Lei ha avuto una infanzia difficile.
Non ho mai conosciuto mia madre, mio padre è stato vittima dell’alcolismo e poi, purtroppo, protagonista di atti violenti. Ho conosciuto in Italia le case famiglia, vari affidi e il disagio di chi trova la sua giovinezza annerita dal dolore e poi finalmente la luce: un padre e una madre con i quali ho iniziato il cammino fortunato.
Lei è cresciuto nella bassa bolognese.
A Galliera, dove ho conosciuto mia moglie e dove le mie radici si sono fatte robuste.
Fare il calciatore è difficile?
È faticoso, a volte è un peso ragguardevole. Si vivono le gioie quando il cammino è vincente, i giudizi sulle tue qualità sono positivi e la carriera si allunga sempre verso nuovi traguardi e obiettivi.
Poi però bisogna fare i conti con declini improvvisi, emarginazione dal campo di gioco, relegamento in panchina, infortuni gravi.
Gli infortuni e anche le sostituzioni ripetute rappresentano per un calciatore i vuoti, sono la paura che ognuno di noi vive e a volte per i più fragili anche l’incubo di non trovare speranza, di non sapersi riconquistare la prima linea.
Vi sposate così presto per condividere con le vostre mogli le gioie oppure i dolori?
Avere una compagna al fianco significa tanto. Ho visto e vedo compagni, magari giovani, che da soli, lontani da casa, con una lingua sconosciuta, devono affrontare prove dure. Io dico che non è sempre una bellezza fare il calciatore. Ci sono i momenti bui, e sono pesanti.
Perché il tifoso è incontinente, vi adora e vi ingiuria, usa un vocabolario scurrile, volgare, offensivo? Si permette di tutto.
Perché il tifoso non vede la persona dentro la maglia. Non sono corpi, vite, personalità: solo avversari da incenerire con urla e gesti anche scurrili. La linea di difesa della dignità altrui non esiste sugli spalti, ma noi siamo consapevoli che questa incontinenza è definita dai ruoli e circoscritta negli stadi.
L’Italia è il suo Paese, il Marocco la sua nazionale.
Sì, voglio far parte della nazionale marocchina fin quando mi sarà concesso. Ho vissuto anche in Inghilterra, quattro anni al Watford. È un’esperienza che consiglio a tutti: lì ho imparato l’inglese, lo spagnolo, altre tecniche di allenamento, altri modi di stare in campo.
La filosofia non ti insegna a stare in campo.
La filosofia ti insegna a stare al mondo.
Adam Mesina
Ianna