Per questioni biologiche, molti tra gli amici che leggono questo spazio non hanno mai visto giocare Meroni.
Sanno tutto di lui, grazie ai racconti dei loro vecchi, ma non è possibile descrivere nè immaginare la sua magnetica presenza in campo, quando tutto lo stadio invocava che gli si affidasse il pallone, perché sapeva che qualcosa sarebbe comunque successo, inventando giochi di prestigio che poi, nelle chiacchiere dei Bar dello Sport, si trasformavano in leggende.
Io ho avuto la fortuna di veder arrivare al Genoa dal Como quel ragazzino sconosciuto e scapigliato, di aver assistito alla sua metamorfosi da crisalide a farfalla imprendibile, ho goduto per le sue serpentine fra i minacciosi parastinchi di gorilla come Burgnich o Schnellinger, saltati con l’agile leggerezza di una gazzella che sfugge alle grinfie del leopardo e, sicura di sé, neppure si volta.
Vado allo stadio dal 1956, e non ho più rivisto uno come lui.
Non Abbadie, un virtuoso delle finte di corpo; non Zigoni, imprevedibile perfino per se stesso; non Aguilera, che nella sua testa smistava la palla ancor prima di riceverla; non Milito, efficace e intelligente come un rapace; no Meroni era diverso: sgambettava fingendosi esile, ma non dava il tempo di essere randellato, e a chi lo puntava non rimaneva che falciare la sua scia, lui era già “più oltre” (cit.).
Se proprio devo accostare un sosia a Meroni, come ho già confidato a qualcuno, scelgo Gudmunsonn, un folletto dai movimenti sincopati, dagli off-load che sembrano schemi appresi dagli All Blacks, e dalla stessa generosità con cui Meroni inseguiva palloni ormai persi sperando che un refolo di vento li trasformasse in opportunità.
Non è gran che, ma un piccolo microscopico esempio del talento di Gigi Meroni si può intuire grazie a un vecchio e breve filmato di Youtube che spero sia utilizzabile.
E’ il 3 maggio 1964, si gioca a Bari.
Al 57° segna Galletti per i Galletti: non è un refuso, è come se segnasse un tal Grifone per i Grifoni.
Poi al 78° pareggia Bean con un pazzesco tiro al volo di rara eleganza, potenza e precisione, così perfetto che oggi sarebbe studiato in tutte le Scuole Calcio d’Europa.
Un minuto dopo ecco la folgore di Gigi, la cui discesa inizia dalla tre quarti (non tutta è visibile), supera in dribbling 3 avversari, sembra caracollare, ma è il suo andamento di default; poi stringe verso il centro, sfugge alla morsa del terzino e del portiere in uscita, li aggira e la mette in rete con la stessa innocenza del bambino che “libera tutti” a nascondino.
Sarà quello l’ultimo goal di Meroni al Genoa, forse il più bello, ma non resterà nella memoria degli almanacchi.
A seguito dei gravi incidenti che avvengono sugli spalti, l’arbitro è costretto a chiudere la partita, che non viene omologata e il Genoa vincerà 2-0 a tavolino.
Il goal di Meroni non esiste più, ma nei sogni stanchi e confusi dei vecchi Genoani ogni tanto riappare, anche se non è facile comprendere il labile confine tra i ricordi e i desideri.
https://www.youtube.com/watch?v=UGCn16avS20