Mohammed Saleh va giù come un sacco al novantesimo più dieci minuti di recupero, fronte nell’erba fa il gesto di una "sajda" - la prosternazione - poi si alza la maglietta sul viso e piange, piange, piange. Tre a zero a Hong Kong, che da sola è una potenza e ha la seconda Borsa d’Asia - il suo paese nemmeno esiste e la Borsa non sa cosa sia, ma nel calcio esistono i miracoli e questo è uno. Stadio Bin Khalifa di Doha, la Palestina ha superato la fase a gironi in Coppa d’Asia per la prima volta nella storia. Sugli spalti non c’è un occhio asciutto.
Mohammed è un difensore centrale, mestiere rude e intimidatorio. Ma è un gazawi, un nativo di Gaza martoriata dove ieri è stato un giorno di sangue peggio dei cento precedenti e di quelli prima ancora e forse migliore di quelli a venire. Lui si è salvato grazie al pallone, ha giocato a Malta e poi in Egitto, gli è andata bene. Il suo compagno di squadra Hazem Alrekhawi lo prese un missile di F-16 dentro un bus nel 2008, aveva 19 anni ed era già nel frigo della morgue quando si mosse un poco: è vivo, non gioca più in nazionale - suo fratello Mohammed, calciatore nel Shabab di Rafah, lo hanno tirato fuori dalle macerie l’11 ottobre ultimo scorso. Come cugini, fratelli e padri di mezza nazionale in campo in Qatar.
Eliminata la Cina, eliminata l’India, superpotenze mondiali: come fai a non amare il calcio? Forza Palestina!
Israele gioca in un altro campionato dai tempi della guerra del Kippur. Il nostro. Quello europeo.