Si dirà che la svolta della partita l'ha data il rigore parato da Gollini, quando il Genoa ha provato a vincerla. Ma non è stato un gran cambiamento, almeno per quel che riguarda il Venezia, che ha provato a vincerla fin dall'inizio.
Il bilancio è che abbiamo incontrato due squadre in lotta per la salvezza, entrambe col nome che comincia con V, e le abbiamo perse entrambe con l'identico risultato di 0-2. È il caso di meditare e di chiedersi perché. Partita persa e infortunio choccante di Malinovsky, a cui c'è solo di augurare di rivedere il campo e di imbattersi in ortopedici più che bravi.
Cominciamo col dire che il Penzo è uno stadio strano. Soprattutto nei giorni di sole il contesto è talmente pittoresco che le partite giocate lì sembrano amichevoli. E invece...
Gilardino ha impostato la partita sul possesso nella nostra metà campo e lanci lunghi per le due punte veloci, contando sull'approssimazione della fase difensiva di Di Francesco. I lanci lunghi sono stati troppo lunghi, le punte non così veloci e i difensori del Venezia attenti. Quindi le verticalizzazioni le abbiamo soprattutto subite, insieme a rapidi inserimenti in area, taglienti come rasoi. Ma alla fine siamo riusciti ad andare al riposo in parità, che era l'obiettivo minimale prefissato, senza aver mai impegnato Joronen.
Il secondo tempo comincia sulla falsariga del primo, almeno fino all'allucinante infortunio di Malinovsky. Gilardino lo sostituisce con Pinamonti e io sto ancora chiedendomi perché.
Sembra un segnale per cercare la vittoria e infatti il Genoa manovra nella metà campo del Venezia, ma con combinazioni scolastiche e velleitarie. Rigore parato e Genoa ancora avanti. È qui che si vedono limiti enormi nel fraseggio, molto involuto, forse anche a causa della giornata disastrosa di Badelj e di quella oscura di Frendrup.
Dopo il gol del Venezia, alla scarsità di idee si è aggiunta la confusione. Fuori Frendrup anziché Badelj, e anche qui mi chiedo perché.
Finisce in vacca, ovviamente, con il Venezia che ci sommerge sul piano della grinta, oltre che sul piano tecnico.
È scritto che Gilardino perda sempre quando incontra Di Francesco fuori casa.
Difficile giudicare i singoli dopo un finale di partita orripilante. Mi preoccupa la condizione mentale e l'approssimazione degli schemi di attacco, dopo che l'iniziale "palla lunga e pedalare" è stato sostituito dal nulla.
Gollini viaggia al ritmo di due gol salvati a partita, ma il suo è un ruolo sfigato, quindi alla fine si conteranno e ricorderanno solo gli errori. Ekuban non pervenuto e giustamente infortunato dal destino. Velo pietoso su Sabelli e Zanoli, che è riuscito a far peggio di lui. Vitinha è un bel giocatorino, di categoria superiore, ma deve correggere un paio di difetti. Il primo è quello di avere atteggiamenti vagamente dilettanteschi, il secondo di aspettare palla sui piedi cercando la profondità quasi sempre in ritardo, la terza di non prevedere in anticipo lo sviluppo del gioco, che è la conseguenza del primo difetto sommato al secondo. Con la palla fra i piedi è un giocatore e quando la palla la manovrano i compagni un altro giocatore, che non suggerisce e sembra aspettare che cada la manna dal cielo. Se ci lavora, sarà un gran bel giocatore.
DeWinter altro giallo, preoccupante.
La conta dei superstiti è desolante. Col belga presto squalificato, l'ucraino fuori causa, Ekuban e Messias di cristallo, Ankeye oggetto misterioso, c'è ben poco da ridere.
Gilardino può riflettere sul fatto che, giocando coperto come sa fare, nel primo tempo la squadra è stata dignitosa, ma quando ha provato a prendere in mano le redini del gioco il castello di carte è crollato. Facendo pareggi con le grandi e perdendo con le piccole il futuro è incerto. Almeno 60 minuti nella metà campo veneta e 0 tiri nello specchio non è un bilancio brillante.