Bortolazzi
Ciao Cristiano, più che risponderti—sarei noioso, perché condivido in pieno—mi hai ispirato una strampalata anatomia di una tribù isterica.
Qui sopra si analizza, si sogna, si bestemmia. È il confessionale di chi non ha più voglia di confessarsi.
La polarizzazione è inevitabile. Chi critica troppo è nemico, chi difende troppo è servo. Il dissenso non è argomentazione: è tradimento. E così si formano le tribù—i fedeli, i dissidenti, i nostalgici, i tattici, i provocatori—ognuna con il suo lessico, il suo tono, il suo nemico. L’illusione della coerenza impera, come l’essere autoreferenziali, singolarmente e collettivamente.
Non è il luogo della verità: è il luogo della verità desiderata. E se la realtà non collima, si piega. O si trasforma… ma lentamente.
La lucidità emerge a sprazzi, anche se siamo tutti convinti del contrario. Non solo le partite, ma tutti gli argomenti che ruotano intorno al Genoa non si guardano: si interpretano. E poiché la verità desiderata è impattata dalle emozioni—ma soprattutto dai risultati—quasi nessuno riesce a non pendolare in base all’andamento della squadra. Neppure quelli persuasi d’essere tutto d’un pezzo.
QdM è tutto questo. È polarizzazione, tribalismo, sovraesposizione emotiva. È effetto eco, conferma, isteria. Ma è anche memoria, comunità, contro-narrazione. È dove si sbaglia, si esagera, si ride, si piange. È dove si vive il Genoa come condizione esistenziale.
Post lunghi, pieni di subordinate, pieni di rabbia e di amore. Chi si incazza con l’arbitro, con l’allenatore, con la società, con gli altri commentatori. Ci correggiamo da soli, ci citiamo, ci contraddiciamo. Ci riconosciamo.
Il tattico frustrato, il frustrato assoluto, il provocatore seriale, il kommercialisten, il nostalgico armato, il moderato inascoltato, il segagrilli estetico, l’ottimista compulsivo.
Siamo una tribù isterica. Ma siamo vivi. E finché il Genoa ci farà stare male, continueremo a scrivere. Perché scrivere è l’unico modo che conosciamo per non mollare.