Sono in debito di una storia con il Guaglione e, dato che siamo in vena, gliela regalo nel suo thread.
Nella mia vita ho viaggiato; da monogamo ciclico quale sono, rendendomi conto della mia profonda ignoranza dal momento in cui mi sono fermato più di qualche giorno, imbattendomi in posti e culture diversi.
Sono nipote di un partigiano deportato, fieramente antifascista…ma ignorante. Tanto da associare il termine irredentismo ai fascisti “romantici” di dannunziana memoria. Nato a Santa Margherita e vissuto per vent’anni a Rapallo non conoscevo la portata e l’importanza del trattato del 1920 , firmato a San Michele di Pagana, che assegnava all’Italia i territori di Istria e Dalmazia, da Fiume fino a Zara, comprendendo le splendide isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa.
Nel conoscere sfollati istriani e dalmati, qui a Trieste, sono stato reso edotto come la seconda guerra mondiale abbia rappresentato solo l’ultima puntata di una disputa che durava da metà ottocento. Nei territori “protetti” dalla Repubblica di Venezia per cinquecento anni e contesi agli austriaci, dove gli italiani hanno convissuto tempestosamente con slavi e crosti per secoli.
Le vendette fasciste, l’annessione al Reich dopo l’otto settembre e le foibe sono solo un triste capitolo di un libro che non è certo il caso sviluppare oltre ma si rendeva necessario per estrarre una gemma, di cui sono venuto a conoscenza casualmente a Luglio scorso.
Costretto a saltare le ferie, non ho trovato di meglio che noleggiare un bungalow sul mare vicino al complesso ATP di Umago: a venti minuti dall’ufficio, nel complesso di Plava Laguna, dove alternare un po’ di mare, passeggiate e qualche scambio sulla terra rossa. Raffi mi informa che un compagno di classe di mio figlio vorrebbe ospitarlo qualche chilometro più a sud per una giornata di mare e lo accompagno volentieri, facendo conoscenza con i genitori.
Persone gentili e simpatiche che ci invitano a mangiare dove “sanno loro” per la sera successiva. Li seguo in auto inerpicandoci per le colline dietro la costa, vedendo scorrere paesini con nomi essenzialmente italiani: Crisine, Ceppiani, Giurizzani, Carsette. Sempre più verde e campagna fino ad una stradina sterrata tra i prati, due case di contadini dirimpetto e un’osteria con una bellissima pergola con un tetto di edera e fiori.
Abituato alla costa dove l’italiano non lo parlano e solo alcuni ammettono di capirlo, ci apprestiamo ad ordinare sperando portino un menu comprensibile oppure di quelli orrendi con le foto. Ma con grandissimo stupore siamo approcciati da una vecchina che si rivolge in triestino alla tavolata: “come sē muli…”.
Subito gli chiedo come diavolo fosse che dei triestini avessero aperto un ristorante nell’entroterra istriano, in un posto equiparabile a Favale o Barbagelata per chi conosce la fontanabuona. Mi risponde con un mezzo sorriso, di quelli misteriosi e sprezzanti insieme, come dire: ci mancava questo balubba, dall’accento incomprensibile a chiedermi perché parlo il mio dialetto a casa mia. La risposta, nell’attesa dell’antipasto, sorseggiando una fantastica Malvasia di frigo, iniziano a raccontarla gli amici che mi avevano invitato in un posto speciale, che frequentavano da anni.
La famiglia degli osti si rifiutò di sfollare nel ‘43, facendo finta di caricare il carretto e nascondendo mobili e averi nel fienile dei vicini croati. Gli stessi finsero a loro volta di impossessarsi della casa dei “tagliani” dichiarando di ritenerla loro di diritto in quanto residenti e disposti a gestire orto, prati da fieno, e bestiame. Sono stati nascosti per circa cinquant’anni! scambiando i loro figli per figli dei vicini, mandandoli alle scuole croate e seppellendo i vecchi sotto falso nome. Il tutto senza mai rinunciare a parlare la loro lingua in casa tramandandola fino ai nipoti. Senza una sbavatura.
Da pochi anni sono usciti dall’ombra, dapprima con diffidenza, per poi ridare il nome all’osteria e firmare l’atto dove ricomprano casa loro dagli eroici vicini che li salvarono e, nemmeno per un minuto, negarono loro di viverci anche se nascosti. Rischiando la vita, proprietà… tutto.
Abbiamo mangiato e bevuto divinamente; le ferie non le ho fatte ma, come a volte succede nella vita, saranno tra quelle che ricorderò più intensamente in vita mia.
Buon Natale al Guaglione, ai vecchi GIR e sempre grazie per l’ospitalità.
PS: la signora mi ha dato un buffetto al momento di pagare il conto e mi ha detto, la prossima volta mi siedo e ti racconto… se mi venite a trovare in estate vi porto