"Preparati che andiamo a salutarlo"
Così mio Padre nello stupore di mia Madre.
Infilo la mia maglietta preferita, mia mamma mi assesta il solito colpo di ruvida spazzola ai capelli perennemente spettinati, ed ero già pronto .
Saltellavo nei miei pantaloncini corti, come un calciatore che si riscalda prima di scendere in campo.
Ma era solo ansia.
Mio padre trepida solo a mettere in moto la sua auto, una Alfetta che andava a gas e a benzina , non si sa con quale ritmo cadenzato e quando ci lasciava a piedi.
"Papà dove andiamo?"
"Sarà una sorpresa".
Fu da quel giorno che ho adorato sempre le sorprese.
La hall dell'Hotel Mercurio di Mercogliano era immensa, sembrava uno di quegli enormi saloni modello stanze del Cremlino, in cui cominci a camminare e non sai quando finisce il corridoio.
Sembrava più un'autostrada che un ingresso di albergo.
Non riuscivo a capire cosa ci facessimo là e mio padre rideva sornione.
Un cenno al portiere probabilmente suo amico, ed entriamo nella sala d'attesa.
Tra meno di poche ore, al Partenio di Avellino ci sarebbe stata la partita.
Per quel che ricordo sono passati lustri, mio padre mi teneva forte la sua mano ruvida, ed io non mi capacitavo ancora che ci facessimo là.
In fondo a quella sala grigia, dai divani color marrone, spogli come alberi autunnali, un uomo alto e filiforme, siede in compagnia di altre persone intorno ad un tavolinetto in attesa dell'ora fatidica.
Mio padre si avvicina e con "mezza parola", riesce ad ottenere ciò per cui mi aveva portato fin in quell'androne cupo.
Lascio la sua mano non senza qualche titubanza e resistenza, ma lui mi invita ad avvicinarmi a quell' omone seduto a pochi passi da noi.
Mi siedo sulle sue lunghe gambe , lui mi tiene una mano sul mio esile braccio, e insieme guardiamo l'obiettivo della onnipresente macchina fotografica di mio padre.
Sicuramente sarò stato rosso come un peperone, certamente mio padre lo avrà ringraziato infinitamente e solo dopo, a distanza di anni realizzerò con chi ho fatto quella storica fotografia.
Dal giorno dopo ovviamente divenni suo tifoso e della sua squadra.
Quando vincemmo il titolo di Campione d'Italia, non sapevo se ero più orgoglioso per quello storico scatto o perché quella squadra divenne la prima squadra meridionale a vincere il Tricolore con lui, suo impareggiabile condottiero.
Eppure nella sua città non ci sono mai stato:
Nè allora quando ero un bambino, né oggi da Genoano quando sono diventato grande.
Credo che lo farò presto, glielo devo , seppur in ritardo ora che non c'è più e quando ormai è irrimediabilmente tardi.
Non gli lascerò un fiore, ma la nostra foto insieme.
Ti ho voluto bene Gigante Buono così come al mio Papà che mi fece scoprire te, il Cagliari e le sorprese.
Ianna