Importanza dei nomi.
Molti pensano che quelli dei giocatori siano i veri nomi e non cognomi ritoccati dai procuratori e dagli sponsor.
Ai miei tempi era tutto verace. Ricordo la saga dei Sentimenti, che sembra una soap comedy ma era invece una famiglia di calciatori, arrivata fino a Sentimenti VIII. Più che calciatori potevi pensare che fossero Papi. Uno di loro, il quinto, di nome di battesimo faceva Primo e la confusione diventava terribile. Il mio preferito era Lucidio, Sentimenti IV, portiere alto addirittura 1,70. Nomi veri. Mi intrigava Scaccabarozzi, difensore degli anni 50 (adesso c'è uno Scaccabarozzi Jacopo che gioca nella serie C inglese). È uno dei nomi che uso spesso quando prenoto il ristorante. Mette in soggezione i camerieri.
Ma adesso i nomi veri non vanno più di moda.
Prendi Raphinha. Si è inventato quella ph galeotta e gioca nel Barcellona. Se continuava a chiamarsi semplicemente Rafinha poteva ambire al massimo a fare l'esterno nel Genoa di Gasperini. Invece ha fatto come Sophia Loren, che senza ph avrebbe limitato la sua carriera alla compagnia teatrale De Filippo. Peppino, ovviamente, ad Eduardo senza ph non ci arrivava.
Anche Lewandowsky, dai! Si è riempito il nome di w, di k e di y, e la sua carriera è decollata. Ce n'era uno da noi che se correggeva il nome in Birawsky minimo avrebbe giocato nel Real Madrid.
Lo tengano presente i procuratori.
Figo mica si chiamava Figo all'anagrafe, ci scommetto. Se Gudmundsson si fosse fatto chiamare Figo non avrebbe dovuto aspettare fino a 27 anni per trovare una squadra competitiva. Ci aveva pensato, ovviamente, ma la Federazione gli ha detto che Figo c'era già, era il portoghese. Data la statura gli hanno proposto Fighetto, ma non era il caso. Un esempio di megalomania ce l'abbiamo in rosa: Messias. Il procuratore si era montato la testa. I più riusciti sono i nomi sofisticati, che non la sparano grossa, ma evocano vagamente. Frendrup allude a un patto d'amicizia, al valore dell'amicizia, senza esagerare. Ci aveva provato Pinilla, a suo tempo, ad abbreviare e sintetizzare allo stesso modo, ma era uscito Pin-up e sai le risate.
Alcuni non hanno speranza. Sabelli, per giocare nella Premier, ha provato ad annunciarsi come Knowsbeautiful, ma gli hanno detto che, più che un nome, sembrava una password. Poi, se lo guardavano in faccia, anche Knownice sembrava già troppo. Finalmente l'agenzia Nomigni di Milano, osservando la sua predisposizione per le rimesse laterali e la sua posizione in campo, ha proposto Know-out, ma pronunciato risultava troppo filosofico. Se l'allenatore lo conferma anche il prossimo anno, possibile che si firmi Sabielli.
Gilardino non ha speranze. Gila e rigila, una sintesi efficace non esce. Il diminutivo è una condanna: pronunciano il tuo nome e ti riducono ipso facto l'ingaggio del 10%.
Insomma, il segreto non è il mercato, non è la qualità, non è l'impegno sul campo, ma la creatività. Il calcio è cambiato e i buoni Sentimenti non bastano più.