Solo per ringraziare ognuno di voi per i contributi e gli spunti di riflessione di questo thread. QdM è proprio un bel posto!! W il 25 aprile!!!

    Giammi

    Pensavo proprio la stessa cosa ieri: ci sono spazi dedicati a temi seri e non al calcio, compresi siti di informazione, che a QdM non allacciano nemmeno le scarpe (tanto per rimanere in tema sportivo). Grazie.

    W il 25 aprile!

    Grazie, grazie a voi per i vostri contributi, grazie a coloro che all'epoca fecero scelte difficili pagandone prezzi di ogni genere. Spesso mi domando cosa sarei stato capace di fare se avessi vissuto quel periodo, se sarei stato all'altezza di mio nonno; devo dire la verità che ho un po' paura della risposta.
    Comunque è vero che QdM è proprio un bel posto, anche e forse soprattutto quando non si parla di Genoa.
    Grazie a tutti.
    Ora e sempre resistenza!

    Quelli che ho conosciuto come i ‘vecchi’ (uomini e donne) della mia famiglia sono stati tutti partigiani. C’era chi imbracciava il fucile, chi portava messaggi e chi resisteva anche in fabbrica. Data l’età di molti che leggono qui sopra, Noi abbiamo avuto la fortuna di non vivere la guerra e di non vivere il fascismo, ma di sentire i racconti da chi questo ha vissuto. Dati i tempi che corrono, come non mai è importante lottare contro i fascismi, senza compromessi, senza esitazioni. Buon 25 aprile a tutti

    Saluti dal Priamar di Savona, città medaglia d’oro per la Resistenza, così come Genova.

    Liguria sempre e per sempre antifascita!

    Buon 25 Aprile a tutti 🌹

      Namaskar61 Post molto bello e toccante. Sta a noi essere intransigenti su certi punti di principio cercando di trasmetterli ai nostri figli ed ai piu giovani, poi loro ne faranno ció che piú ha senso nel tempo in cui vivono loro. Io ho grande fiducia nei ragazzi. Vedo mia figlia che magari mi guarda un po stranita quando parlo di mio nonno antifasciasta e comunista dichiarato in fabbrica, tanto da essere stato piu volte portato in prigione...peró vedo poi mia figlia che non concepisce alcune discriminazione, sia essa razziale, di genere, livello sociale, religione...anche questo é antifascismo

        Sto insegnando a mio figlio la tolleranza, aldilà del comportamento adeguato alle situazioni. Noto nei bambini e nei ragazzi una confusione in termini di comprendere cosa è buono e cosa meno. Come se il confine tra azioni e pensieri adeguati fosse sempre più labile e relativo. Vi chiedo conferme.
        Vi sparo una info se la sapete o se vi interessa: indebolimento del cromosoma Y...

        paolopesce peró vedo poi mia figlia che non concepisce alcune discriminazione, sia essa razziale, di genere, livello sociale, religione...anche questo é antifascismo

        Credo che questo, caro Paolo, sia il risultato piu' importante. Nel 2024 e' difficile parlare ai ragazzi di fascismo ed antifascismo, ma e' fondamentale che noi trasmettiamo e loro comprendano i valori sottostanti, che sono fondamentali e non hanno limiti di tempo, anzi, assumono persino maggiore valenza ai giorni nostri in una societa' che tende a dividere e ad esaltare le differenze.

        Io quest'anno ne faccio 56 (non 18) e non ho nulla che mi possa accomunare al fascismo o alla destra in genere, ma faccio sempre piu' fatica a distinguere il mondo tra fascisti ed antifascisti. Sara' un mio limite, sara' per la vita che ho fatto negli ultimi 30 anni, sara' che la dicotomia in questione assume sfaccettature poliedriche ad altre latitudini ed in altri contesti. Quello che non cambia mai sono quei valori, li porto fermi nel cuore e li vedo negli occhi e nello spirito di mia figlia, per cui sento di aver fatto pure io un buon lavoro di padre.

        Buon 25 aprile a tutti.

          paolopesce Sta a noi essere intransigenti su certi punti di principio cercando di trasmetterli ai nostri figli ed ai piu giovani,

          Poni una questione grande come una montagna. Se fossimo ideologhi, come preservare e tramandare i valori dell'antifascismo? Come parlare alle future generazioni?
          Grande sfida.

          Ogni giorno, qui dove vivo, incontro gente dell'est europeo (ce ne sono molti). Li approccio inconsciamente come persone che hanno vissuto l'esperienza del "comunismo reale". Solo più tardi, a mente fredda, realizzo che chi ha meno di 50 anni quell'esperienza l'ha vissuta essendo al massimo un bambino. Nelle loro teste non c'è più alcuna traccia dei valori (anche falsi o semplicemente di facciata) del leninismo. Ragionare con loro su concetti come il consumismo, l'imperialismo e l'internazionalismo è molto difficile, perché vengono a mancare le basi. La caduta del muro di Berlino, vissuta da bambini o per sentito dire, per loro è stata, sic et simpliciter, la svolta quasi automatica dal mondo narrato dai genitori, dove la burocrazia la faceva da padrone e le case cadevano a pezzi. Per una minoranza, la fine di un'epoca di privilegi o di tutele. Per una minoranza ancora più esigua, una sconfitta della cultura. Non c'è maniera di affrontare una critica radicale al sistema capitalistico, perché non è del sistema che a loro interessa discutere, ma da ciò che il sistema ti dà in termini di oggetti di consumo, libertà di movimento, facilità di rincorrere sogni ed illusioni. Di fronte alle immagini della massa di persone che, dall'est, dopo la caduta del muro si riversavano in occidente, bisogna conservare la lucidità e il cinismo di capire che non rincorrevano la libertà (come proclamava la grancassa dei media), ma che agognavano al benessere facile, all'automobile, al frigorifero, alla lavatrice pagate a rate, al denaro che (nella loro illusione) scorreva a fiumi.

          Dovremmo avere la stessa lucidità e lo stesso cinismo nell'osservare come si approcciano i giovani d'oggi ai valori della resistenza e dell'antifascismo. È il solo modo che hanno tutti gli antifascisti (socialisti, popolari e libertari) di ritrovare un terreno comune.
          Il dato da cui partire è un dato per certi versi crudele.
          I nostri nonni lottavano per un mondo diverso, con regole diverse, in grado di annullare le differenze di censo o quantomeno di assemblare tutte le classi sociali dietro un unico ideale, che inevitabilmente si sintetizzava con i termini dell'unica, grande Rivoluzione dell'Occidente: libertà, uguaglianza, solidarietà. Con l'accento gramsciano sulla giustizia, rivolto soprattutto all'affrancamento degli emarginati dalla condanna alla sottocultura.
          I nostri figli e nipoti per cosa dovrebbero lottare? Quale dei suddetti principi è facilmente percepibile nella loro esperienza quotidiana e non invece un mantra indiscutibile ma freddo come un'iscrizione sulla lapide di un Museo?

          La lotta dei nostri nonni si è conclusa con la libertà ritrovata, un Repubblica fondata su una Costituzione moderna ed inclusiva. Ma quella Repubblica entrava inevitabilmente a fare parte di un mondo polarizzato, nel quale potevi propugnare tutti gli ideali più puri, ma nel quale non sussisteva nessuna reale possibilità di tradurli in una sintesi politica che potesse mettere in discussione gli accordi di Yalta. L'impossibilità di una Rivoluzione toglieva forza agli ideali dei nostri nonni e anche la speranza in un intervento esterno (verrà Baffone) veniva meno. Ogni battaglia, per non essere retorica, riguardava aspetti "migliorabili" dell'assetto democratico della Repubblica, non i suoi fondamenti. Sono state battaglie dure e certamente meritorie, che hanno consentito alle masse subordinate di vedere riconosciuti diritti prima inesistenti e in gran parte di riscattarsi dalla povertà e dall'emarginazione, ma non dalla subordinazione a un "ordine superiore". Per dirla con i critici più radicali, mutamenti nella forma, ma non nella sostanza dell'assetto democratico. I "compagni che sbagliano" hanno reso evidente il confine tra il dibattito e la lotta armata. Superato un certo limite, quando non è più utile assecondare le P38 del dissenso e le bombe di stato per condizionare l'opinione pubblica, i poteri si saldano, e si saldano sempre in una visione "atlantica" che non lascia spazio a conquiste sostanziali.
          Nel frattempo il sistema evolve dal consumismo elementare all'iper consumismo della comunicazione e distrugge ogni aggancio.

          La classe operaia non ha smesso di combattere, è semplicemente svanita come classe. Michel Houellebecq segnalava come la strada della frantumazione delle coscienze da parte dei poteri occulti non passava più prioritariamente per la repressione, ma per l'inconsapevole conquista del consenso attraverso l'arma dell'individualismo. Il desiderio e la moltiplicazione all'infinito del desiderio generano individualismo. La connessione degli individualismi in una fittizia relazione multimediale con innumerevoli soggetti sconosciuti e pseudo-reali esalta la solitudine, consolata da desideri condivisi in astratto che non si realizzano mai o che, casomai realizzati, vengono sostituiti da nuovi desideri, spesso indotti dalla rete che connette quegli individui, in un'infinita moltiplicazione di traguardi effimeri, come un caleidoscopio.
          Il desiderio distacca l'individuo dal tessuto sociale perché è suo, solo suo, e popola i suoi sogni. Non solo, distrugge anche l'ultima cellula comunista della società, che è la famiglia. La famiglia ha senso in quanto cellula di individui che condividono aspirazioni e sacrifici, sulla base di una solidarietà che accomuna le generazioni e trasmette valori comuni nei quali riconoscersi. Ma basta instillare desideri individuali nei suoi componenti (spesso desideri inconfessabili o segreti) ed ecco che il principio di solidarietà viene meno e ciascuno comincia a navigare in solitario verso le proprie isole di utopia.

          Se questo è il quadro (e a me sembra un quadro abbastanza credibile), come trasmettere i valori dell'antifascismo, della democrazia sostanziale, della storia, a generazioni che non sono insensibili agli scenari di lotta dei loro nonni, ma semplicemente non posseggono strumenti per agganciarsi a un mondo a loro sconosciuto, che non esiste più?
          Come superare la barriera della verità, che rende termini quali giustizia, uguaglianza, libertà, di cui tutti abusano, termini concreti, da vivere sulla propria pelle? Come distinguere la forma dalla sostanza?

          Io sono convinto che l'unica strada percorribile sia quella di agire sul concetto di libertà.
          È quello che più direttamente può essere sperimentato nel concreto, e dalla sostanza del quale poi derivano gli altri.
          L'obiettivo dovrebbe essere quello di esaltare il concetto di libertà dimostrando come l'apparente libertà che viene propinata in milioni di forme baluginanti sia solo un inganno, un espediente per conculcare la vera libertà.
          Chi vede l'inganno della falsa libertà profusa per annebbiare le coscienze, poi vede chiaramente anche le mistificazioni che stanno dietro i concetti di giustizia, di uguaglianza e di democrazia.
          Può esistere un giustizia fascista, una forma di uguaglianza spacciata dai fascisti in doppiopetto, una democrazia piegata agli interessi fascisti, ma non esiste e non esisterà mai una libertà fascista.
          Distruggere la falsa idea di libertà diffusa artatamente dal sistema, a mio modo di vedere significa risvegliare le coscienze alla diversità invalicabile nei confronti del fascismo travestito da perbenismo. E dare un senso a nuove forme di resistenza.

          Scusate la lunghezza, ma il 25 aprile cade una sola volta all'anno.

            edoardo777
            Concordo su tutto. Soprattutto sul tema desiderio e libertà.
            Credo che quello che hai scritto sia molto aderente ad una probabile verità. La mia compagna andò a Leningrado prima e dopo il golpe russo. Prima, col comunismo, i supermercati erano quasi vuoti di prodotti che però venivano acquistati. Dopo i supermercati divennero pieni di beni di consumo perché il prezzo andò alle stelle ma erano felici lo stesso perché potevano 'avere cose'.

            paolopesce
            Ciao.
            Condivido, soprattutto riguardo i ragazzi.
            Non ho certezze, ma potrebbero anche essere generazioni migliori delle precedenti.
            Ho fiducia!
            🌹

            Come sempre Edo coglie nel segno. La storia della mia famiglia mi aiuta molto con i ragazzi ma naturalmente non basta. Mi preoccupo leggano il più possibile, uscendo naturalmente dagli schemi imposti dal caleidoscopio dei desideri effimeri e della gratificazione istantanea del consumo che oramai trascende i beni materiali arrivando agli stimoli superficiali dei bisogni soggettivi fino al bombardamento di nozioni vuote, dei milioni di risposte senza domande.

            Approfondire, leggere i classici e studiare la storia ė l’unica via per distinguere tra cose importante e fatue, i torti dalle ragioni e le contraddizioni di una realtà che è sempre fatta di curve e tornanti in salita. La voglia di socializzare spegnendo il cellulare e circondarsi di gente pensante e informata.

            Non ho altre ricette e mi consolo vedendo Marta a 17 anni con la luce accesa e il cellulare spento, e con lei i suoi amici. Teatro, letture, canzoni… domande su domande per trovare la strada verso l’emancipazione e stracciare la libertà di cartapesta che ci viene propinata per spiccare il volo: sono ottimista come Alfredo… forza ragazzi!

            Il 25 Aprile 2024 ė passato. Rileggevo stamane un grande discorso di Pietro Calamandrei.

            “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”

            Sarebbe la Carta sulla quale dicono di aver “giurato” i neofascisti alla guida del Paese. Il presidente del Senato della Repubblica si chiama Ignazio Benito Maria… non lo dimentico in qualsiasi giorno dell’anno.

            AleR Siamo quasi coetanei, io ne faccio 55 a fine maggio. 'Fascisti ed antifasciasti' sono due etichette del '900 che identificano però due tipologie di forma mentis che esistono da sempre nelle società umane. Da qui la facilità di superare la dicotomia che hai citato. Da una parte chi anela la libertà per se e per tutti, l'eguaglianza delle opportunità, la fratellanza e la solidarietà tra umani di qualsiasi tipologia (es., religione, genere, colore, etc) e la difesa di chi è più debole. Dall'altra chi ha paura dell'altrui e del diverso, chi ha timore di perdere privilegi di casta o classe sociale, chi trova disagio nell'incapacità di concepire che l'altro per l'altro sei tu, chi si sente più sicuro all'interno di ferrei binari sui quali vuole che tutti viaggino, a costo di farlo con la violenza. Curioso (o forse no) come vi sia una convergenza tra i valori esplicitati sopra e la parte sana di tanti pensieri religiosi e filosofici. I giovani oggi possiamo non capirli, ma hanno eccome valori, che io cerco d capire parlando con loro. W la libertà, tutti i giorni dell'anno.

              paolopesce Siamo quasi coetanei, io ne faccio 55 a fine maggio.

              Io il 28 😉

              • MAU69 ha risposto a questo messaggio

                edoardo777

                Carissimo Edoardo,

                questi tuoi post sono di una lucidità tale, nel tuo svilupparne i temi, che, oltre ad essere un “respiro” per chi li vuole leggere (nel senso di lĕgĕre, cioè «raccogliere», come si fa con i frutti), mi fanno pensare, d’altra parte, come sia possibile trovare tanta superficialità e cazzate sulla maggior parte di quotidiani,riviste, tv e social,le cui parole provengono spesso da “professionisti”, più o meno pagati per elaborare pensieri ( con rispetto parlando del concetto di pensiero!)

                Ma torniamo ai giovani ed al tema grande come una montagna.

                “I nostri figli e nipoti per cosa dovrebbero lottare?”

                ed ancora

                “…i poteri si saldano, e si saldano sempre in una visione "atlantica" che non lascia spazio a conquiste sostanziali.”

                Ho sempre pensato che la presa di coscienza di una condizione emerga o da fattori culturali, legati al pensiero intellettuale ( così, storicamente,per le così dette “avanguardie”) oppure dallo stato delle cose, cioè le condizioni di vita.

                Quale esempio storico fra i tanti,la Giornata internazionale delle donne, il 23 febbraio del 1917,quando migliaia di operaie delle fabbriche si radunarono nel centro di San Pietroburgo. Si unirono a loro schiere di lavoratori e lavoratrici scontenti e affamati, ma alcuni dei rivoluzionari rimasero scettici. Il mefiocre Aleksandr Sljapnikov era una delle figure principali del movimento bolscevico, e sulle proteste disse questa frase «Date ai lavoratori mezzo chilo di pane e il movimento si esaurirà».

                Contrariamente alle sue previsioni negli ultimi giorni di febbraio i disordini non fecero che aumentare perchè all’inizio del 1917 San Pietroburgo era una polveriera di rabbia e disperazione.

                Questo è solo un esempio lontano per dire come le condizioni ed i problemi individuali possano diventare coscienza, andare oltre l’individualismo,per trasformarsi in collettività ed essere propedeutici a lotte e mutamenti.

                Oggi in Occidente non è, al di là di minoranze di “sotto-proletariato”, la fame e quella miseria che riguarda strati di popolazione ed, in particolare, i ragazzi.

                Il problema più importante per loro è la precarietà diffusa, come stile di vita, sia materiale che psicologico ( depressioni ed ansie sono frequentissime).

                Stiamo vivendo da decenni la fine del sistema capitalistico, fine che sarà ancora molto lunga, ma inevitabile.
                Non ha questo sistema nemici potenti, ma sta implodendo su stesso.

                Ha fallito, perchè non è più in grado di mantenere le promesse del “benessere diffuso”, della (pseudo) “felicità”per tutti,cioè le illusioni di magnifiche sorti e progressive del liberismo e della prevalenza dell’iniziativa privata che, a caduta, avrebbe distribuito ricchezza ai più.

                Questo sistema è un’animale malato, ferito, che per continuare a vivere peggiora,diviene cattivo, violento.
                Non solo guerra, repressione, manganelli, non solo i tagli al welfare, la lesione del principio di solidarietà, la povertà in aumento costante,ma anche quella violenza meno evidente, più psicologica ( come spiegava Wilhelm Reich ai suoi tempi scrivendo del fascismo).

                Cioè le gabbie, l’inibizione delle proprie aspirazioni, dei propri diritti di viventi e cittadini,dei desideri,per imporre una sottomissione, sempre più simile allo schiavismo, materiale e mentale.
                Ed è questo il fascismo più pericoloso, anche dei burattini, delle figurine per nostalgici dei vari duci del passato,che governano in Italia ed altrove.

                Questo oggi riguarda tutti, ma i ragazzi non hanno vissuto i periodi precedenti e ci sono nati in questa fase storica.
                E se la vivono e se la dovranno affrontare nel prossimo futuro.

                Penso quindi che stiano percependo questo nuovo tipo di “fame” che quando diviene
                ( o diventerà) intollerabile,formerà molte coscienze, cioè il processo dall’individualismo
                ( il privato ) verso il politico.

                E lo farà anche per molti giovani, diciamo, più fragili intellettualmente, ovvero quelli che oggi sembrano indifferenti o globalizzati.
                Ma certamente e comunque umanissimi!

                Perchè la fame è fame, un’istinto ed una necessità che puoi tentare di sopire, ma da qualche parte riemerge, come i fili d’erba nelle fughe dei selciati o nell’asfalto.

                Come hai concluso nel tuo post, la ricerca della libertà, della possibilità di una vita che abbia un senso, penso sia l’energia ( anche istintiva) che potrà mutare qualcosa, ed unire quella parte di giovani che per cultura e condizioni hanno già ben chiara l’evidenza del potere, della repressione, del patriarcato, ecc., a coloro che oggi sono “dormienti”, anestetizzati dai mass media, dalla famiglia stessa, dalle proprie piccole e spesso inutili “esigenze” individuali.

                In genere è più probabile che la realtà svegli un giovane rispetto ad un adulto, anche, se non altro, per un fatto di energie potenziali.

                Sarà un percorso complesso, pieno di ostacoli,contraddizioni ed anche sofferenze,
                ma credo ( e voglio credere) che i giovani ( di oggi e di domani) ne possano uscire vivi, in tutti i sensi!

                Non è solo il mio ottimismo o speranza.
                Anche questo, ma è la storia dell’uomo che mi induce a pensare che, nonostante le apparenze, un ciclo stia per concludersi e, come sempre, dalle macerie nascerà qualcosa di meglio!
                Non sarà per me o per noi, ma per loro è possibile.

                Saluti, a te ed agli altri “resistenti”!