Genoasi
In generale, io trovo singolare non guardare gli europei o i mondiali a prescindere dall'Italia. Ci sono partite interessanti e squadre più o meno simpatiche. Agli europei di atletica o alle olimpiadi, per esempio, l'interesse non era legato ai risultati degli italiani. Adesso forse sta cominciando una deleteria sindrome Sinner anche il atletica grazie a certi risultati degli azzurri, ma fino all'altro ieri io (e penso molti altri) ero solo curioso di vedere atleti di ogni parte del mondo e le loro performance. In certe gare femminili, lo confesso, il mio maggiore interesse era per le inquadrature di presentazione prima dell'inizio delle gare. La bellezza plastica dei corpi nell'antica Grecia era una sorta di religione, quindi mi sento in buona compagnia.
Concordo che un maggior interesse, se non tifo, è spesso collegato ai giocatori più rappresentativi. Credo che l'ultimo sia stato Baggio, per il quale tifavano perfino stranieri di mia conoscenza. Oggi è più difficile per le ragioni che ben ha espresso 4Mazzi e per le speculazioni sui campioni di copertina, buoni per far vendere merendine.
Quanto alla "italianità" dei giocatori, sono argomenti che lascio ben volentieri ai Gasparri di turno. A meno di usarli per il menaggio. Un ricordo.
Nel 2000 mi sono trovato al tavolo di una riunione molto formale subito dopo la vittoria della Francia agli europei. La riunione aveva luogo vicino a Nimes, in uno dei prestigiosi complessi di Listel, che è il maggiore produttore di vini francese (60 milioni di bottiglie all'anno di gris de gris), non per qualità ma per quantità. Listel è anche proprietario di enormi estensioni di terre selvagge sulle lagune della Camargue, tra saline e cavalli. Io ero lì, accompagnato dalla mia équipe tecnica, per definire gli accordi in vista dell'autorizzazione a girare parte di un documentario in alcuni territori delle saline interdetti alla presenza umana. I francesi di Listel erano molto cool, come sono quasi sempre i francesi. In attesa di cominciare la riunione è iniziato un cazzeggio sulla finale vinta, soprattutto dopo che hanno scoperto che il mio cameraman e il mio tecnico del suono erano italiani. Inutile dire che i francesi in giacca e cravatta hanno subito assunto un tono piuttosto supponente nei confronti dei miei due colleghi in jeans e gilet da cacciatore. Io, zitto. Ad un certo punto il semidio di Listel mi tira in ballo, come svizzero neutrale. "Sentiamo cosa ne pensa uno Svizzero della vittoria della Francia".
Esito un attimo chiedendomi se sia il caso di mordermi la lingua, ma poi, ragazzi, una buona battuta vale anche la morte.
E solennemente dico:
"Credo che sia un fatto epocale, di grande rilievo..."
Espressioni compiaciute dei francesi. Proseguo.
"Infatti è la prima, e forse ultima volta, che una squadra africana vince gli europei".
Silenzio imbarazzato.
Mi sono gocato i bonus, ma il documentario l'ho girato lo stesso.
D'altra parte due o tre giorni dopo, intervistando un enologo di Listel di origine spagnola, alla mia domanda su come si viva in quella terra di frontiera (la Camargue), il personaggio mi risponde: "Si vive molto bene, anche perché qui siamo in Francia, ma i francesi sono pochi".