Nel "Mio Mondo " nessun Genoano dovrebbe tifare Italia.
Se esistessero scuole ed Università del Grifone, al posto del quadretto del Promulgatore da 30 mila euro al mese, bisognerebbe scrivere in un riquadro in alto, un piccolo dettame:
"E' assolutamente vietato per un Genoano tifare Italia"
Peccato non essere almeno un Montanari.
Era un Sabato di Giugno del lontano 2005, e mezza Genova scese in piazza a festeggiare la promozione in A, guardo caso contro il Venezia, tra cui il sottoscritto.
Nessuno avrebbe mai potuto prevedere, quello che successe appena pochi giorni dopo.
Due solerti magistrati di dubbia fede calcistica, fecero il resto con tutte le conseguenze del caso che si protrassero per lunghi 7 anni , tra appelli , ricorsi fino alla sentenza della Cassazione, manco fossimo assassini.
Vennero i giorni del "Io non mollo", dei boccaloni e dei rassegnati, ed il Popolo genoano in parte o quasi del tutto, si schierò non al fianco del suo già osteggiato presidente, ma con la squadra del proprio cuore.
Il tutto non bastò ad evitare la squalifica e la retrocessione del Genoa, la quale fu sancita in un caldo giorno di Agosto dello stesso anno.
Il Grifone sprofondò in C e tutti i Genoani nell'abisso della più paludosa e denigrante delle categorie.
Appena un anno dopo, tutta Italia festeggiava la vittoria della nazionale , a colpi di sfilate, clacson con tanto di tricolori ai balconi, ed eloquenti striscioni disseminati sui muri d'Italia, tra cui un indimenticabile, "Noi Campioni del mondo voi Vergogna di italia", mentre mezza Genova a Settembre del maledetto anno 2005, si apprestava a conoscere dove avrebbe debuttato il Genoa in serie C.
Quando lo seppi presi un treno da Napoli per Bologna all'alba, un regionale per Ferrara e un bus per Ravenna.
Così il ritorno con l'aggiunta della divisa entro le 22.30.
Erano già i tempi del 2%
Non potevo mancare a quell'appuntamento.
Era l'inizio della Rinascita, eravamo tutti Araba Fenice, era il giorno del vero unico Orgoglio Genoano, dove non contava vincere ma esserci.
Ed io e noi c'eravamo quasi tutti. Anche idealmente.
Il senso di appartenenza, dell'esserci "Sempre e Comunque", il segno distintivo, il fiore all'occhiello del tifoso del Genoa 1893.
Era il tratto unico e imprescindibile dell'essenza.
Quando dovevamo esserci, c'eravamo.
Non era come un sabato sera ad Empoli, dove alcuni pseudo tifosi fecero irruzione negli spogliatoi a chiedere il perché dello 0-0 e delle loro bollette andate in fumo.
Non era l'ennesimo sabato sera di Piacenza ,dove le folle oceaniche hanno sempre portato sfiga contro i iachini,i mandorlini e novellino di turno.
Non era la domenica di Genoa Siena, dove forse si assistette alla più grande vergogna di Stato Rossoblù.
E non era nemmeno quel lunedì sul Secolo XIX quando tutti leggemmo su una pagina a pagamento, di ringraziamenti al peggior presidente(Avellinese ahimè, come me) della storia del Genoa, che ci aveva umiliato, deriso, infangati, tenuti prigionieri e fatti ostaggi per lustri anche con una frase messa anche a verbale che, "Il Genoa era una società atta a preservare l'aspetto economico su quello sportivo".
Per quel giorno a Ravenna, forse solo per quello o soprattutto per quello, dove mi sentivo solo Genoano e null'altro, valeva la pena di vivere un giorno da tifoso del Grifone.
Giammai per allenatori doriani, non di certo per il decalogo del Genoano da ZTL, quello che prevede di non essere tifoso della nazionale solo quando si perde e si viene eliminati prematuramente, oppure solo per un oriundo argentino passeggero in transito a Brignole, che veste l'azzurro con prestazioni non lontane dal suo standard visto con il Mago di Biella.
E non di certo ad eliminazione avvenuta ,dire e scrivere senza nemmeno vergognarsi un pò , che in fondo "la mia Nazionale è il Genoa".
Meglio l'indifferenza di pochi e l'ostracismo di rari, alla litania da processione intrisa questa si, di ipocrisia purissima.
Il tutto al netto dei patrioti che votano Fratelli e sorelle d'Italia, al netto degli emigranti in giro per il mondo che attraverso le maglie della Ip ieri e della Lidl oggi, si sentono rappresentati per un mese e per gli altri 11 completamente dimenticati.
Tifare Italia per un Genoano come me, è l'antitesi del proprio credo, è anacronistico, è allergia fastidiosa e pungente che non servirebbero tubetti di antistaminici al cortisone.
E' come andare al lavoro, non fare nulla e rubare lo stipendio.
Non posso, non voglio dimenticare l'onta, lo "scuorno", the Shame provato in quegli anni, tra processi farsa, ridicole perizie Microsoft e pizzini lasciati in una pattumiera, per vane speranze e ulteriori prese per i fondelli.
Eravamo per gli Italiani, loro sempre puliti e quasi mai condannati, peggio degli appestati, soli contro tutti, ma realmente uniti e orgogliosi di chi fossimo, seppur delusi per il trattamento vile del Conducator, il quale ci aveva messo alla berlina degli Italiani e al pubblico ludibrio della piazza Italia.
Aldilà del mio sano e devoto ostracismo all'Italia in molte sue forme non ultima quella politica e sociale, da Genoano mi è sempre stato impossibile, il solo pensare di poter parteggiare per la Nazionale, che non mi appartiene, che non mi rappresenta in tutte le sue componenti, e che in fondo mi ha dato solo indifferenti natali in questa patria , concetto lontano anni luce dal mio cosmopolitismo e ,malcelata esterofilia.
Nel Mio Mondo , ormai non mi sorprendo più che un Genoano possa simpatizzare o addirittura tifare per l'Italia.
Nel Mio Mondo Genoano da Ravenna a Castel di Sangro, da Napoli a Venezia passando sempre per Genova, l'importante ed essenziale, è che la Nazionale Italiana di Calcio non entri mai.
Forza Svizzera e W la Lindt.
Ianna