Inter, Roma, Bologna, Fiorentina.
Bisogna prendere gol per mettere la testa nella metà campo avversaria. E allora ti rendi conto che anche una squadra acciaccata e zeppa di riserve può rischiare di segnare.
Basta con la logica di presidiare la propria porta, ognuno inchiodato alla sua posizione, come nel calcio balilla.
L'ultimo quarto d'ora di oggi, che ha scaldato i cuori di tutti i perdenti che lo scorso anno hanno goduto come ricci in Inter-Genoa 2-1, dimostra una sola cosa: che se metti la testa fuori, con la garra riempi il gap tecnico; che se provi a tirare in porta, rischi di segnare.
E ti viene da chiederti perché la libertà di provarci non vale per tutta la partita, perché la religione dello 0-0 deve inchiodarti fino a quando passi in svantaggio.
Io sono un difensivista, ma so che per difenderti bene devi anche fare paura all'avversario. Come nel finale, quando all'improvviso si manifesta il fantasma della libertà. Io vedo Nuno Tavares sgroppare e mi chiedo chi impedisce a Matturro (e forse anche a Zanoli) che ha una progressione devastante, di staccarsi dalla sua posizione di copertura e giocare a calcio. Lo fanno nel finale e fioccano le occasioni. E invece di commuovermi a me sale la rabbia per i 75 minuti buttati via senza provare a giocare liberi di mente.
Non è la scarsa qualità dei sostituti il nostro limite, ma la paura.