Ogni anno, anche nel leggervi, mi rendo conto di quanto sono attaccato al 25 aprile come celebrazione dei nostri vecchi e degli eventi che ci hanno donato la libertà. Il fatto di vedere i loro avversari al potere fa esplodere il sangue nelle vene, soprattutto quando ostentano come nel caso della richiesta di un festeggiamento “sobrio”.
Un amico di queste pagine diceva giustamente in privato “non c’è un cazzo da festeggiare” (se pensiamo al presente ndr) e ho sentito un discorso in parlamento in cui si rinfacciava alla ducetta come dietro alla richiesta di sobrietà cova il fastidio di chi sente la liberazione come una sconfitta.
Chiedere di non essere sguaiati ricordando decine di migliaia di morti, gli eccidi, i deportati e il dramma di una guerra, vinta in Europa soprattutto dai russi con sacrifici immani come taciuto pervicacemente da ormai quasi un secolo, è d’altronde ridicolo prima che oltraggioso.
Aspettare qualcosa di diverso dal camerata La Russa, dai pronipoti dei gerarchi o dai figli dei bombaroli di Stato al soldo di Gladio, è privo di senso prima che puerile. Ci vorrebbero Mario Monicelli o Dino Risi a prenderli sonoramente per il culo con il loro magistrale umorismo che ti faceva scompisciare dalle risate lasciando sul fondo della tazzina una malinconia pazzesca.
Non si può dar torto allora a chi trova poco da festeggiare pensando a come ci hanno ridotto, da chi si preoccupa dell’ autoritarismo di gran moda in tutto il mondo, finanziato in Occidente dagli sfruttatori delle potenzialità devastanti delle tecnologie e frenati, in potenza, unicamente dai contrappesi democratici costruiti sulla memoria dei totalitarismi e sul sangue dei martiri della libertà. Da chi si sente giustamente tradito verso quelli che dovrebbero rappresentare le nostre istanze.
Cedere alla disillusione e al sarcasmo è comprensibile ma rischia di spegnere definitivamente la memoria e svilire l’importanza del sentimento di ribellione verso la prepotenza di chi da sempre ha visto la consapevolezza popolare come ostacolo, seppur sgangherato e consunto, al dominio assoluto del denaro, sterco di Satana come direbbe Francesco, quale arma devastante del potere.
Ricordiamolo tutti i santi giorni, non solo il 25 aprile: i fascisti di ieri e di oggi rappresentano i biechi quanto insopportabili tagliagole ma saranno sempre al soldo di personaggi ancora più pericolosi, dietro le quinte, esaltati dall’esercizio del potere senza freni, dalla paura di perderne il controllo o delle due cose insieme.
I loro laidi buttafuori sostengono come queste istanze siano stantie e sorpassate, noi dovremmo ridergli in faccia canticchiando “fischia il vento”. Se non ci troviamo un cazzo da ridere, come legittimo, non molliamo a difendere la libertà portata in dono dai nostri vecchi e, nel difenderla, non confondiamo la parola con arbitrio, come vorrebbe chi se n’è impossessato dimenticandosi dell’eguaglianza.
Il 25 Aprile buono come il pane, bello come l’antifascismo (cit.)