Dei singoli interessa un belino. Sono tutti “professionisti” che lavorano per il proprio interesse e conoscono i rischi del loro mestiere. A me interessa l’organizzazione, il Genoa.
Ho fatto una gran fatica a riconoscere a me stesso fosse corretto sperare andasse tutto a a carte quarantotto, quando capii che eravamo in mano a qualcuno che lavorava per consumarci da dentro. Tossico per il nostro futuro e il nostro senso.
Ho imparato a riconoscere il lupo vestito da agnello quando mi dicevano che chi contesta tradisce. Che chi critica non ama davvero: era falso, comodo e pericoloso.
Ma attenzione. Contestare non è sempre giusto. Prima bisogna guardare in faccia la realtà: c’è ancora qualcosa da difendere? O stiamo solo tenendo in piedi un simulacro?
Quando le componenti fondamentali—i tifosi che hanno sofferto per quindici lunghissimi anni col bandito—iniziano a dire “non c’è più nulla da salvare”, non possono essere liquidate come disfattiste per principio.
E allora la domanda è: stiamo difendendo un organismo vivo o un cadavere ? Stiamo difendendo un senso o un marchio?
Io rimango convinto che ci sia qualcosa da difendere, non Blasquez, Sucu o tantomeno Vieira come singoli. Se bisogna sacrificare l’allenatore - ammetto di essere avverso per principio, la cui cosa mi porta a prendere cantonate clamorose dal momento in cui ero “contro” in passato sbagliando - lo cambino.
Ma non mandiamo tutto a puttane, per favore. Non mi sembra il caso.