paolopesce
Difficile allargare il discorso dagli atteggiamenti in gradinata al razzismo in generale.
Ci sono forme di razzismo becero e inconscio e, d'altro lato, forme di rifiuto totale dei valori altrui (di un popolo, di una religione, di un'etnia), che affondano in motivazioni storiche e culturali e che ti chiedi se siano assimilabili al razzismo. Non lo sono, forse, ma sembrano. Io per esempio rifiuto la visione del mondo dell'Islam, al punto da considerare l'Islam un'associazione a delinquere nei confronti delle donne e una tirannia educativa. Sembra razzismo culturale. Però in cuor mio non riguarda le persone. Al singolo islamico riconosco la stessa umanità che ad ogni altro essere umano, non è contro di lui che mi ergo a nemico, ma alla storia e alla tradizione culturale da cui discende. Lui lo potrei ospitare e difendere se perseguitato, nessun uomo in quanto tale è mio nemico, ma fratello, qualunque sia la sua fede o il colore della sua pelle. A meno che non mi attacchi, ma questo vale anche per il portuale di Genova (soprattutto se tifa Samp). 😉
Esiste anche il "razzismo per bene", su cui mia sorella ed io abbiamo per anni intessuto commedie satiriche esilaranti.
Quando eravamo piccoli, la nostra mamma, femminista pervasa da buonismo cristiano e in assoluta buona fede, ogni anno a Natale invitava per il cenone un "terrone" che viveva solo e lontano dalla famiglia, in genere un militare o un carabiniere scovato chissà come. Anche se bambini, noi la prendevamo per il culo, sostenendo che invitava questi figli del sud ammalati di solitudine solo a Natale e solo perché, a quei tempi, dalle nostre parti, non c'erano "i negri". Così abbiamo coniato l'espressione "razzismo per bene". Ma non è niente di strano. Ci sono associazioni che si prendono cura dei disabili, ma se si presenta una donna con due figli a carico che muore di fame la cacciano in quanto inadeguata al loro buon cuore. In Africa e in certe nazioni asiatiche ho assistito alla "caccia all'orfano" da parte di associazioni umanitarie che ambivano a costruirsi un bel curriculum per ottenere fondi e consensi. Altro tipo di emarginati o di bambini malnutriti con genitori in carcere o ammalati, ma con genitori, li schifavano in quanto carenti della patente di orfani.
È una questione delicata, con confini a volte labili e con una narrativa a volte distorta. Per esempio oggi si fa passare la tesi distorta che chiunque sia contro le politiche dello Stato di Israele sia antisemita. Un falso che tuttavia fa presa sui meno attenti, anche e soprattutto considerando che Israele è uno Stato teocratico dove risiede sì e no un centesimo della comunità ebraica sparsa per il mondo. Personalmente faccio fatica a dare facilmente una patente di antisemita. Dalle nostre parti (Europa), escludendo i militanti estremi delle formazioni naziste, non esiste nessuno che, incontrando persone in spiaggia o a una festa o a una cena si ponga per prima cosa il problema se l'interlocutore sia o non sia ebreo. L'antisemitismo vero è non voler aver niente a che fare, non condividere pregiudizialmente niente con un ebreo, e quindi, incontrando una persona sconosciuta, chiedersi prioritariamente se quella persona possa essere ebrea. Avete questo tipo di problema? Siete antisemiti. Cenate, vi abbronzate, scopate con chiunque senza chiedervi se per caso sia ebreo? Non siete antisemiti, anche se vi schifa la politica di Israele o avete qualcosa da ridire sulla dinastia Rotschild. Io la vedo così. Poi, come dice Mr No, davanti a una bottiglia di quello buono, si sviscera il concetto molto meglio.
E trovo che portare dentro gli stadi, provocatoriamente, questioni razziali o etniche così delicate, non sia solo segno di razzismo, ma anche e soprattutto di idiozia. E con gli idioti, per quel che mi riguarda, invoco i "metodi Stalin".