Sunnyboy253
È anche il problema principe delle traduzioni, soprattutto quando si tratta di alta letteratura e di poesia. Fidarsi di una traduzione è come andare dal meccanico. Ci sono sfumature linguistiche quasi impossibili da tradurre, salvo aprire una parentesi e dilungarsi in una digressione storica o filosofica, per non parlare dei riferimenti subliminali che spesso sono impercettibili ma incidono solo su chi ha vissuto avvenimenti propri di un singolo paese. In Italia, negli anni 60, ha colpito la forma narrativa soggettiva di Hemingway con l'uso del "tu", ed è subito diventata una moda utilizzata da molti, anche da noi qui sul Muretto. Era semplicemente una scelta della Pivano nella traduzione, non un'innovazione formale di Ernest. Il protanonista è in trincea, all'alba: "Te ne stai lì, in attesa, e non sai se tra un'ora sarai ancora vivo. Così guardi il sole sorgere e lo vedi come non lo hai mai visto". OK. Ma in inglese il "you" è d'uso corrente per l'impersonale e se la Pivano avesse legittimamente tradotto: "Si sta lì, in attesa, senza sapere se tra un'ora si sarà vivi. E così si guarda il sole sorgere e lo si vede come non lo si è mai visto" nessuno scandalo. E quindi, chi è l'autore della cosiddetta rivoluzione formale recepita dagli italiani? Hemingway o la Pivano?
Non oso pensare cosa ci propina chi ha avuto la sventura di tradurre Joyce.
Non parliamo della pubblicità, che di fatto è intraducibile. Come rendi in tedesco un "Chi Vespa mangia le mele"? del mio vecchio amico Tamburrino. O "sfrizzola il velopendulo"? O "Pic indolor. Meno male".
Nella Svizzera trilinguista succedono cose orribili nell'informazione pubblicitaria. Per risparmiare, le agenzie di Zurigo o di Ginevra inondano il Ticino con copywriting già stampati tradotti dal salumiere o da chi dio sa. Loro usano per cortesia la terza persona, che in italiano è deleteria nei comunicati. Così le partorienti di lingua italiana subiscono una campagna contro il fumo tradotta alla stracazzo dal tedesco che dice "Pensi al bambino che aspetta". Cosa aspetta? L'autobus? Di venire al mondo? Il soggetto diventa il bambino. Basta scrivere: "Pensa al bambino che aspetti" e l'equivoco scompare.
Mi ricordo che ho inoltrato non solo provocatoriamente a Borradori, quando era ministro, dell'ambiente, una proposta contro l'inquinamento letterario, sollecitando una legge che sottoponesse cartellonistica e inserzioni provenienti da oltralpe a una revisione o autorizzazione da parte di un'autorità di italianisti. Purtroppo la proposta gliel'ho illustrata in discoteca e non credo che, a causa del tasso alcolico, l'abbia ben capita. Basta dire che lui aveva un privé riservato, dove si recava ogni sera molto tardi. Io che lo sapevo e arrivavo prima occupavo il suo privé. Quando lui arrivava con la sua corte e vedeva tutti i posti occupati già non si rendeva conto della situazione. Io gli cedevo il posto (che era suo) ma lui era talmente sul pero che lo prendeva come un atto di gentilezza, mi diceva "ma no, dai" e si profondeva in ringraziamenti.