PieroVoje61 si ti ringrazio molto! So che esistono diversi modi per imparare, quale mi consiglieresti? Quali dritte puoi darmi a rigurdo? Te ne sarei molto grato!

    edoardo777 Il concetto "lingua difficile" è piuttosto relativo.

    Partiamo dal presupposto che tutte le lingue sono difficili da imparare, italiano compreso. Poi ci sono persone più predisposte ed altre che faticano di più. Noi italiani siamo discretamente pigri in fatto di lingue straniere, anche se le nuove generazioni sono probabilmente più elastiche. Le mie osservazioni erano abbastanza generiche, scritte tanto per dare un'idea su alcune cose che per noi italiani, ma non solo, sono ostiche quando si affronta una grammatica tedesca.

    Dipende inoltre dal fatto che si voglia imparare una lingua in modo grammaticamente corretto o solo per riuscire a capire/farsi capire quel tanto che basta, che è quello che fanno le persone che arrivano qui per cercare lavori non qualificati. Basta entrare in una pizzeria italiana o in un Döner Kebab e di tutte quelle belle regole grammaticali complicate ne sentirai poche.

    La pronuncia è un altro ostacolo. Ogni popolo nasce utilizzando una lingua che ha caratteristiche di pronuncia proprie. Quando affronti una lingua che non è la tua ti scontri con le sue caratteristiche e, per quanto tu sia bravo, alcuni suoni non riuscirai mai a riprodurli correttamente. Potrai riuscire ad esprimerti in maniera perfetta dal punto di vista grammaticale, ma chi ti ascolta si accorgerà che non sei madre lingua. Ad esempio, in nessuna lingua si pronuncia la R come in italiano e uno straniero non riuscirà mai a pronunciarla correttamente. Credo che solo da bambini si abbia la possibilità di riprodurre tutti i suoni necessari per le varie lingue, ma è una caratteristica che si perde con la mancanza d'uso.

    Non dimentichiamoci poi dei dialetti, che esistono dappertutto, non solo in Italia. Un bavarese di München e uno di Nürnberg parlano in maniera differente e a volte faticano a capirsi. Altro che regole grammaticali! 😉

    Un abbraccio rossoblu!

      PieroVoje61 Sul morse, ormai in disuso, potrei aiutarti

      Si potrebbe anche arrivare a un gentlemen agreement. Ti insegni l'italiano a Suarez e lui...

        Sunnyboy253 in rete c'è veramente di tutto.
        Purtroppo non sono capace a postare dei link ma basta che cerchi alfabeto morse sia su Google che su YouTube e ci sono dei programmi davvero facili che associano il carattere morse al suono prodotto.
        Una volta imparato l'alfabeto a blocchi, poi si passa al suono dalla velocità più lenta fino ad aumentare.
        Poi inizierai a ricevere a gruppi di cinque lettere e poi con parole di senso compiuto

          PieroVoje61 più o meno quanto è ripida la curva di apprendimento? Quanto tempo serve dedicarci per impararlo perbene?

          Darò un’occhiata, ti ringrazio!

            Sunnyboy253 quello è molto soggettivo.
            Parlo per me: se una cosa mi appassiona davvero, non conosco tempo né clima ma, al contempo, non ne faccio una dipendenza.
            Ho diversi interessi, alcuni concatenati tra loro (storia e modellismo) ma in nessuno dedico il 100% del mio tempo

            Greif1957 Noi italiani siamo discretamente pigri in fatto di lingue straniere

            Non solo. Sapessi quanti italiani non parlano o scrivono un italiano corretto...

            Io ho dovuto studiare tedesco per tre anni a scuola. Quindi ho una certa infarinatura sulle regole grammaticali. Ma purtroppo avevo un'insegnante che interrogava in ordine alfabetico. La regolina da imparare e 20 tra vocaboli e verbi. Inutile dire che si imparavano solo i vocaboli che servivano per l'interrogazione, che poi venivano subito dimenticati. C'era anche il dettato, ma in pratica uno scriveva e gli altri copiavano perché non li ritirava, li leggeva il giorno dell'interrogazione.
            Comunque una notte che mi sono perso a San Pauli (quando non esistevano telefonini e diavolate varie) e non c'era ombra di taxi né di passanti (credo fossero le tre o le quattro del mattino), quando finalmente mi sono imbattuto in un cristiano, il tedesco mi è uscito fluente da chissà dove.

            Non ricordo chi (credo Eco) diceva che padroneggiare una lingua straniera è più difficile quanto più si parla bene la propria, perché si vorrebbe parlarla come la propria e la ricerca della perfezione inibisce. Meglio buttarsi.

            Io sul finale degli anni 70 fino alla Expo del 92, ogni anno andavo tre mesi a Siviglia (e resto dell'Andalucia) per studiare la tauromachia. Ogni giorno leggevo tre quotidiani (ABC, El Pais, El correo de Andalucia) e per due settimane, nel tendido 8, che è quello dei vecchi aficionados, dove quasi tutti in vita loro avevano provato a mettersi davanti a un toro e frequentavano gli allevamenti, ascoltavo infiniti racconti di gesta passate, vissute di persona o tramandate da padri e nonni. Bene, per due anni non ho parlato, salvo che per ordinare al ristorante e chiedere il conto. Il terzo anno, la prima notte in Feria, ubriaco, ho cominciato a parlare, senza volerlo. Mi uscivano parole ed espressioni che non sapevo di conoscere, evidentemente memorizzate negli anni precedenti in modo inconscio. Non solo, parlavo con un accento andalù così marcato che un cameriere per un po' ha creduto alla broma (balla) che ero di Gines, un paesotto lì vicino. Solo al momento del conto, quando l'ho ringraziato con sussiego, mi ha detto: "Señor, lo siento però ahora no creo que Ustè sea de Giné". "E porqué?". "Porqué Ustè es una persona amable y lò de Giné son catetos". Non per la pronuncia, ma perché quelli di Gines sono burini. Per questo lo ha capito. Poi, col tempo, l'accento andaluso l'ho perso. Che poi non è solo un accento e un modo di troncare le parole e aspirare la finale, ma anche un uso gutturale e cupo della voce che i tedeschi e i nordici se lo sognano.

              edoardo777 Non ricordo chi (credo Eco) diceva che padroneggiare una lingua straniera è più difficile quanto più si parla bene la propria, perché si vorrebbe parlarla come la propria e la ricerca della perfezione inibisce. Meglio buttarsi.

              Questa è una cosa che io sento tantissimo. Pur conoscendo l’inglese (ormai la lingua franca) cerco di avere tutto tradotto in italiano perché capisco meglio, colgo meglio le sfumature. Ovviamente preferisco scrivere e parlare la mia lingua madre per il suddetto motivo. E la mia titubanza nel parlato e mancanza di fluency è data soprattutto per questo motivo che hai evidenziato.

              Wittgenstein diceva che i limiti del linguaggio sono i limiti del mondo, ecco, diciamo che a me accade il contrario quando si parla di lingue estere, più conosco la mia lingua, più mi sento suo prigioniero.

                Sunnyboy253
                Alle superiori venni stroncato nei miei entusiasmi studenteschi alla maturità. Mi cambiarono materia e dovetti sostenere tedesco orale. 5 anni con una insegnante, al Firpo di Quarto, se qualcuno ricorda, che entrava, ti insultava, faceva una pseudo lezione e se ne andava. Mia madre volle che mantenessi comunque la sufficienza e mi cambiarono storia dell'arte con tedesco. Morale: presi 40. Pugno sulla bacheca di scuola e bestemmione (all'epoca me ne scappava qualcuna). Quel risultato però mi consenti' di riflettere sull'universita' o meno. Poi la feci ed implementai ciò che sono ora. Misi pure un esame di filologia germanica, ultra affascinante, ma mi mancavano le basi linguiste, optai come ultimo esame per storia della filosofia.

                  Vi sono grato per la profondità con la quale raccontate il vostro essere. Se non avessimo la passione totalizzante per il Genoa avremmo comunque qualcosa da dire, sempre e comunque.

                  edoardo777 Non ricordo chi (credo Eco) diceva che padroneggiare una lingua straniera è più difficile quanto più si parla bene la propria, perché si vorrebbe parlarla come la propria e la ricerca della perfezione inibisce. Meglio buttarsi.

                  Complimenti per il post e per lo spagnolo, che anche io parlo discretamente bene.

                  Quanto a Eco o chi per lui, sono completamente d'accordo. Credo di parlare un italiano abbastanza corretto e, soprattutto, non influenzato da alcun dialetto. Quando discorro con un tedesco nella sua lingua mi rendo conto di come la mia testa sia portata a ragionare in italiano e a cercare di trasportare il tutto in tedesco. E mi complico inutilmente la vita. Se riesco invece a lasciarmi andare sbaglio sicuramente qualcosa in fatto di grammatica, ma me la cavo meglio. Lo aveva capito anche l'insegnante di tedesco che teneva i cinque corsi serali che ho frequentato quando mi sono trasferito qui. Anche lui mi invitava continuamente a non ragionare troppo, ma a buttarmi e rischiare. E che non è facile, dipende dal tuo schema mentale: se sei un precisino vorresti sempre fare tutto secondo le regole e lasciarsi andare non viene così naturale.

                  Quanto agli italiani che non parlano o scrivono in italiano corretto che dire, se non che credo valga per tutti i popoli e per tutte le lingue. Certo, se ami la tua lingua infastidisce, però che fare?

                    MAU69 optai come ultimo esame per storia della filosofia

                    Questa mi interessa molto. Il mio migliore amico è laureato in filosofia all’università di Torino e dottorando alla Bicocca. Lui è esperto di Schopenauer. Io, che non ho studiato filosofia, ma che ho sostenuto esami di dottrine politiche e mi intendo un poco di filosofia politica, sto abbandonando sempre più la filosofia continentale per la filosofia analitica. Se dovessi dire al giorno d’oggi le letture che più mi hanno ispirato, direi Pierce e Putnam. Qualche anno fa forse avrei risposto Marx e la Scuola di Francoforte.

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                    Scuole calcio, che fatica: oltre la metà costretta ad aumentare le rette per le famiglie

                    https://www.calcioefinanza.it/2023/08/25/quanto-costa-scuola-calcio-bambini-iscrizione-retta/

                    Ps Non avete mai provato a parlar gaelico con un vecchio ubriacone in un pub di Belfast… Si, l’alcool aiuta a parlar una lingua straniera perché disinibisce. Secondo me, il miglior modo per imparare una lingua è vivere da solo nel posto con gli autoctoni, partendo da zero. E star lontano anni luce da altri italiani. Ah, quel vecchio per qualche motivo che non ricordo, credo fossimo al sesto giro, mi aveva fatto arrabbiare, dandomi la possibilità di urlargli in faccia un bel Pogue Mahone! Naturalmente scoppiammo a ridere entrambi, lui per la sorpresa, io per la faccia che ha fatto. Era da prima della partenza che sognavo di dirlo a qualcuno…

                    Greif1957
                    Caro Carlo, cari tutti. Con mio figlio alle elementari e con l'interesse per la pedagogia, mi sono un pó informato. Nell'ultimo anno di scuola materna la maestra di Samuele, mio figlio, ci disse che facevano giochi istruttivi propedeutici per la scrittura e la scuola primaria. Da anni hanno rilevato che i bambini non riescono ad eseguire delle linee dritte. Questo è dovuto alla scarsa manualità di giochi ed attività e all'uso di cellulari o simili. Non era una cosa che non pensavo, anzi. Alla primaria venni a conoscenza di un metodo di istruzione detto "Venturelli" dalla dottoressa universitaria di Ferrara che tenne un discorso alla camera dei deputati commissione istruzione molto forte. È disponibile su you tube. Critico' scuola e famiglie per aver disperso il valore immenso dei bambini che, se debitamente gestito è il futuro di un paese intero. Il suo metodo si basa su utilizzo dei materiali che consentono il riappropriarsi della forma mentis perché una linea non tirata dritta rivela una mente non lineare.
                    Come genitore mi sento responsabile del degrado che osserviamo ogni giorno. E non nasce all'improvviso.

                    Sunnyboy253

                    È anche il problema principe delle traduzioni, soprattutto quando si tratta di alta letteratura e di poesia. Fidarsi di una traduzione è come andare dal meccanico. Ci sono sfumature linguistiche quasi impossibili da tradurre, salvo aprire una parentesi e dilungarsi in una digressione storica o filosofica, per non parlare dei riferimenti subliminali che spesso sono impercettibili ma incidono solo su chi ha vissuto avvenimenti propri di un singolo paese. In Italia, negli anni 60, ha colpito la forma narrativa soggettiva di Hemingway con l'uso del "tu", ed è subito diventata una moda utilizzata da molti, anche da noi qui sul Muretto. Era semplicemente una scelta della Pivano nella traduzione, non un'innovazione formale di Ernest. Il protanonista è in trincea, all'alba: "Te ne stai lì, in attesa, e non sai se tra un'ora sarai ancora vivo. Così guardi il sole sorgere e lo vedi come non lo hai mai visto". OK. Ma in inglese il "you" è d'uso corrente per l'impersonale e se la Pivano avesse legittimamente tradotto: "Si sta lì, in attesa, senza sapere se tra un'ora si sarà vivi. E così si guarda il sole sorgere e lo si vede come non lo si è mai visto" nessuno scandalo. E quindi, chi è l'autore della cosiddetta rivoluzione formale recepita dagli italiani? Hemingway o la Pivano?
                    Non oso pensare cosa ci propina chi ha avuto la sventura di tradurre Joyce.
                    Non parliamo della pubblicità, che di fatto è intraducibile. Come rendi in tedesco un "Chi Vespa mangia le mele"? del mio vecchio amico Tamburrino. O "sfrizzola il velopendulo"? O "Pic indolor. Meno male".
                    Nella Svizzera trilinguista succedono cose orribili nell'informazione pubblicitaria. Per risparmiare, le agenzie di Zurigo o di Ginevra inondano il Ticino con copywriting già stampati tradotti dal salumiere o da chi dio sa. Loro usano per cortesia la terza persona, che in italiano è deleteria nei comunicati. Così le partorienti di lingua italiana subiscono una campagna contro il fumo tradotta alla stracazzo dal tedesco che dice "Pensi al bambino che aspetta". Cosa aspetta? L'autobus? Di venire al mondo? Il soggetto diventa il bambino. Basta scrivere: "Pensa al bambino che aspetti" e l'equivoco scompare.
                    Mi ricordo che ho inoltrato non solo provocatoriamente a Borradori, quando era ministro, dell'ambiente, una proposta contro l'inquinamento letterario, sollecitando una legge che sottoponesse cartellonistica e inserzioni provenienti da oltralpe a una revisione o autorizzazione da parte di un'autorità di italianisti. Purtroppo la proposta gliel'ho illustrata in discoteca e non credo che, a causa del tasso alcolico, l'abbia ben capita. Basta dire che lui aveva un privé riservato, dove si recava ogni sera molto tardi. Io che lo sapevo e arrivavo prima occupavo il suo privé. Quando lui arrivava con la sua corte e vedeva tutti i posti occupati già non si rendeva conto della situazione. Io gli cedevo il posto (che era suo) ma lui era talmente sul pero che lo prendeva come un atto di gentilezza, mi diceva "ma no, dai" e si profondeva in ringraziamenti.

                      Greif1957 Quando discorro con un tedesco nella sua lingua mi rendo conto di come la mia testa sia portata a ragionare in italiano

                      La vera discriminante è quando tu cominci a pensare nell'altra lingua. È necessario un processo schizofrenico anche a livello inconscio, con una bella dicotomia tra il mondo italiano e il mondo inglese, o spagnolo, o gaelico, per cui tu cominci a pensare e a sognare anche nell'altra lingua.

                        edoardo777 mi hai fatto tornare in mente una discussione che ci fu qualche anno fa per gli adattamenti dei film dello Studio Ghibli ad opera di Gualtiero Cannarsi. Il buon Gualtiero si difendeva dicendo di tradurre letteralmente dal giapponese, i suoi detrattori e critici invece gli dicevano che traducendo letteralmente dai costrutti sintattici giapponesi, la traduzione italiana risultava un obbrobrio ed incomprensibile.

                        Dunque dove sta il vero? Si dice che una buona traduzione debba riadattare i costrutti senza alterare il significato. Insomma, il traduttore non deve divenire parte dell’opera, ma deve risultare quanto più possibile anonimo. Una traduzione riconoscibile — come imputata a Cannarsi — era dunque definita una pessima traduzione. Anche se poi il termine migliore sarebbe quello di adattamento.

                        Qui finisce però quanto so di traduzioni e adattamenti perché non ho mai approfondito oltre.

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                        edoardo777 Vero, quando inizi a pensare e soprattutto a sognarenell’altra lingua sei a cavallo, a me è capitato con l’inglese dopo un mese e mezzo… Ma è bastato incontrare un italiano, e parlarci, per vanificare tutto, come una sorta di memory foam la mia mente ha ripreso a pensare e sognare in italiano