Ianna Ho fatto solo da testimone ad un "evento" che si è verificato nella "mia" città dove vivo da più di 30 anni e che ho vissuto in tutte queste forme, dall'altra parte della barricata.
Quando godevo di una ricca borsa di studio mi ritrovavo a Venezia un mese ogni tre, un mese per stagione. Era alla fine degli anni 60, avevo 20 anni e la vita davanti. Venezia era una città di circa 110mila abitanti che appena potevano ti attaccavano bottone. C'era turismo, ma un buon rapporto tra turismo e città. Un giorno abbiamo preso una birra nel solito bar e quando ci è arrivato il conto abbiamo chiesto se si erano sbagliati. Ci hanno spiegato che no, che ormai ci conoscevano e che quindi ci hanno fatto il prezzo "dei venexiani", quasi la metà di quello dei turisti. C'era spazio per tutti, anche negli anni successivi. Ad occhio direi fino alle soglie degli anni 2000. Poi tutto è esploso.
I Veneziani si sono venduti tutto. Le umili lavoratrici mirabilmente descritte da Ianna non servono Bezos o il turista giapponese di turno, ma proprietà straniere che, quelle sì, hanno invaso Venezia arraffando tutto. Facile scaricare l'indignazione e lo scandalo su un bersaglio evidente lasciando nella penombra i veri predatori che spolpano la carcassa di una città sempre più lontana dalla sua identità umana. Restano i palazzi, le calli e le piazze, i cui proprietari, dopo averle vendute, se ne sono andati a vivere lontano.
Un miliardario in mocassini o 10mila giapponesi in infradito sono la stessa identica malattia. Restano 48mila residenti, molti tagliati fuori dalla febbre speculativa, pochi eroicamenti resistenti invocando una Venezia che non esiste più.
Andrebbero protetti, questo sì. Il Comune dovrebbe fare un censimento e garantire a chi, tra quei 48mila, è nato a Venezia o risiede a Venezia da almeno 20 anni, una residenza dignitosa a prezzi calmierati e un gettone "di presenza", come si fa con le comparse nei film. Sono gli ultimi dei Mohicani, quelli che non si sono venduti l'identità o che non avevano niente da vendere.
Con una borsa da 450mila lire, quando la mezza pensione al Danieli costava 19mila lire, sono stato Bezos anch'io. Ho visto in TV lo sbarco sulla luna in una bettola delle Zattere e smaltito ciucche memorabili sulle pietre dei moli, di cui ricordo ancora la ruvida abrasività. Ho vissuto amori e nottate di studio al Monaco & Gran Canal in inverno, primavera e autunno e al Biasutti al Lido in estate. 3 anni consecutivi di incosciente esistenzialità quando ancora tutto sembrava a suo modo "umano". Mesi di lusso in prestito, come una vacanza, quando nei mesi restanti si lottava contro le ingiustizie animati da illusioni scarlatte. Venezia era ancora una città viva, ma a guardar bene già moribonda. Erano gli ultimi sussulti di una storia che svuotava la città, lasciando intatta una scenografia da consumare con flussi di visitatori armati di telefonini. Anche loro, a loro modo, ansiosi di vivere un'illusione.
Venezia, alla fin fine, aveva vissuto secoli dorati, premiati da 9 scudetti. Poi era finita in pasto a speculatori stranieri, abbandonata dai suoi stessi tifosi.