La verità è che non frega più niente degli altri, Bruno.
Al circolo ho conosciuto un tuo allievo e bordocampista con cui incrocio le racchette nei doppi domenicali che fanno rima con spritz Campari.
Mi racconta la vecchia scuola dei telecronisti italiani che non è un modo di dire ma un corso, tenuto realmente, istituito trent’anni fa in RAI per tramandare la tradizione dei Martellini, Ameri, Valenti e Ciotti. Scelsero Bruno Pizzul non certo a caso, perché per insegnare non devi essere soltanto bravo ma deve piacerti il prossimo avendo voglia di dare. Se poi riesci a non prenderti troppo sul serio, raccontando partite di calcio, avendo il privilegio di non soffrire ansie da prestazione senza concorrenti armati fino ai denti, allora nasce la magia dei racconti di quelle generazioni.
La voglia di criticare le nuove leve, cresciute con il coltello tra i denti e l’esagerazione sguaiata in bocca, finendo per esagerare unicamente nel baciare la sottana ai soliti noti, mi fa sentire vecchio.
Mi limito a constatare l’impressione guardino a loro stessi rispetto alla partita e al pubblico che troppo spesso non rispettano urlando come fossero in curva a tifare per l’uno (la “grande” di turno) e non per l’altro. Al campione rispetto alla squadra e via discorrendo in un modello iper competitivo quanto denso di parole mitragliate e urlate a più voci, che lasciano poco.
Pensare a te, a voi, oggi, mi lascia vuoto e interdetto. Con un filo di rabbia perché anche per colpa vostra rimango attaccato a un carrozzone che non gradisco affatto più ma non riesco a mollare.
Grazie di tutto comunque. RIP
Massimo