edoardo777
Grande Edo.
molto difficile rispondere senza abbandonarsi a sentimentalismi sul mondo perduto della nostra adolescenza dove tutto era diverso, evitando di edulcorare il passato senza peraltro comprendere appieno la realtà dei ragazzini di oggi in un mondo velocissimo nel quale la distanza generazionale, tra il reale ed il percepito, appare siderale.
Le simulazioni sportive odierne, chiamarle videogiochi appare riduttivo, sono talmente realistiche da essere adottate come allenamento. Da un lato appiattiscono e imbullonano la fantasia, dall'altro sono molto utili per migliorare la tecnica di base.
Un tempo lo “stop orientato” (senza parlare dei vari tipi di dribbling) era panaggio dei grandi campioni, oggi lo insegnano, è un movimento previsto dal software che impari a fare virtualmente e tenterai di fare dal vero. Scansionato e sezionato per essere poi scomposto in “sotto movimenti” può essere allenato qualsiasi colpo.
Vengono poi i limiti imposti da madre natura: fisici, tecnici e istintivi.
È tutto talmente catalogato e studiato da omologare ab origine. I parametri fisici e gli algoritmi, studiati per limitare l’errore nella selezione dei giovani prospetti, escludono determinate caratteristiche non misurabili se non ad occhio, quindi determinati virgulti rischiano di essere risucchiati nell'anonimato. Un altro fattore determinante è l’atletismo imposto dagli standard di allenamento che limitano, di fatto, giocatori poco dotati fisicamente che in qualche modo approfittavano della scarsa preparazione degli avversari, soprattutto nei giochi di abilità con la palla di cui stiamo parlando.
Di conseguenza si sta generando un “prototipo” di giocatore per ruolo e per caratteristiche e le partite di calcio, tennis, basket o pallavolo sono tutte uguali, ripetitive, e si ha la sensazione di poter scambiare i giocatori a patto si tratti di livelli omogenei tra gli antagonisti.
Il rovescio della medaglia è però rappresentato dal livello medio, oggi molto più alto come velocità, capacità di esecuzione, preparazione tattica, limitata propensione all'errore.
Ciò non favorisce necessariamente lo spettacolo. Se parliamo di calcio gli errori provocano i gol, che sbilanciano il risultato comportando di conseguenza maggiore spettacolo.
A maggior ragione nel tennis, data la ripetitività delle situazioni connaturata al gioco e l’importanza dell’attrezzo, a sua volta fattore di appiattimento in mano a tennisti professionisti.
Dopo tutto sto pippone, non so rispondere pienamente all'argomentazione di Agassi (il mio tennista preferito di sempre ndr)… tendo a ritenere le considerazioni esposte più rilevanti rispetto al deficit di “fantasia” in quanto i ragazzini continuano a sognare…sicuramente sono più distratti da sogni plurimi, vista la continua sollecitazione multi fronte a cui sono sottoposti che rende certamente più difficile dedicare anche l’emotività in una sola direzione come un tempo…