Mi permetto...
Edo, se non gradisci devi solo fare un cenno...
riporto semplicemente un tuo immenso post, di cui accennavo stamattina. Un tanto per confermare, con i fatti, come non tutto cade nell'oblio. Basta trovare "orecchie" disponibili ad ascoltare:
Edoardo777 2023
_Sunnyboy, tu sei giovane. Non è un merito né una colpa, ma è il motivo -diciamo- per cui non ci andrò giù troppo duro. Certe cose non le hai vissute. Anche questa non è una colpa, ma almeno proviamo a mettere le cose a fuoco. Cosa pretendi che faccia una sinistra oggi in Europa? La rivoluzione?
La rivoluzione presuppone una situazione talmente intollerabile che si rovescia tutto senza essere certi di cosa verrà dopo. Tipo Preziosi, che chiunque arrivi poi non può essere peggio. L'Italia non è in una situazione rivoluzionaria, obiettivamente. Ma ammettiamo che lo sia, per ipotesi. Una rivoluzione si fa se ci sono concrete possibilità che riesca. Dopo Yalta, questa possibilità è uguale a zero.
E sarebbe uguale a zero anche se l'Italia fosse un paese di sinistra, anziché un paese maggioritariamente qualunquista. Mi spiace dover ammettere che "il rinnegato Kautsky" avesse le sue buone ragioni, ma nell'Europa d'oggi l'unica via possibile è la difesa di una radicata socialdemocrazia basata sul welfare e sulle pari opportunità.
Credi che sia poco? Credi che non serva lottare almeno per questo? Hai mai visto alle sette di mattina ragazzi in attesa sotto la pensilina dell'autobus per recarsi a svolgere un lavoro di merda ma necessario per portare a casa la pagnotta per la famiglia? Ognuno di loro può essere un genio, un futuro Nobel, ma deve tenersi dentro ogni sogno e ogni talento per raccattare la miseria di mille Euro. Credi davvero che non ci sia margine per lottare al fine di conseguire opportunità migliori? Non c'eri negli anni 50 e al principio dei 60, quando se volevi un posto di lavoro dovevi portare le referenze del parroco e del comandante locale dei carabinieri, che magari ti classificava come "bravo ragazzo, nonostante un nonno socialista", e addio lavoro.
Anche Togliatti sapeva, dopo Yalta, che la Rivoluzione non era possibile. E la sinistra ha cercato di conquistare quegli spazi di "égalité" che si prefiguravano possibili. Lo ha fatto attraverso la politica. La politica è compromesso. La politica è la conquista , faticosa, parziale, di qualcosa di concreto. Una piccola cosa, forse, ma concreta. Non solo la sinistra, ovviamente. Perché le cose concrete non sono solo la sanità pubblica o lo Statuto dei Lavoratori. È cosa concreta anche che tua sorella possa andare all'Università e che tu non possa essere denunciato (con fedina penale insozzata per sempre) per "atti osceni in luogo pubblico" dopo aver baciato la tua ragazza alla stazione. O lei ad essere inquisita perché portava la minigonna. Il Movimento Studentesco del 68 è nato per rivendicare un cambiamento del costume, oltre che un cambiamento politico. E infatti, dopo molte lotte, le ragazze che studiavano a Milano non venivano considerate "troie" se affittavano un appartamento e si fermavano a dormire. Prima, era concesso solo ai maschi. Le ragazze dovevano prendere l'ultimo treno per Varese o per Bergamo e rimettersi di nuovo in marcia alle 5 di mattina. Conseguenza? Che le ragazze eano meno brave dei maschi, che le ragazze non frequentavano le facoltà tecniche, con obbligo di presenza, e si iscrivevano a lettere o al magistrale. Che le ragazze erano destinate a lavori precari e sottopagati. Non sono cambiamenti da poco, in generale, anche se dimenticati da coloro che sono nati col frigorifero in casa, il telefono, il televisore e uno stile di vita più liberale. Per questo mi aspetto un doveroso "grazie", da condividere, ovviamente, con gran parte della mia generazione. Le conquiste dei lavoratori sembrano facili e gratuite, ma non lo sono state. Se chiedevi una sala per discutere di "dinamiche salariali" (fatto vero), anche una sala a pagamento, ti arrivavano i carabinieri in casa e ti facevano il contropelo. Non è neanche il peggio. I carabinieri ti venivano in casa, con cortesia melliflua, anche per informarti di chi frequentava tua sorella, "vista in atteggiamento amichevole con persone nullafacenti sospettate di simpatie sovversive e forse dedite alla droga".
Tu dici Rivoluzione. Ma solo un deficiente fa la rivoluzione se non c'è nessuna possibilità di abbattere lo status quo, anche a prescindere dal fatto che, dopo la Rivoluzione, quel che verrà non è certezza, ma solo speranza. La Rivoluzione, come la guerra, distrugge un sistema che poi deve essere ricostruito dalla politica. Rileggi il "Che fare?" di Lenin e riflettici. Azioni pseudorivoluzionarie, singole e non coordinate, sono come il Terrorismo. Il Terrorismo non mira a distruggere un sistema, ma a creare corto-circuiti per fare sì che il sistema si indebolisca e collassi da solo. Ma poi? In certe stagioni molti abbiamo inclinato a simpatizzare (e lo ammetto: ad appoggiare) i famosi "compagni che sbagliano". Ma in fondo al tunnel delle sprangate, delle gambizzazioni e delle esecuzioni, non si intravvedeva nessuna luce di cambiamento possibile, o quantomeno probabile. Si invocava l'idea della Rivoluzione, ma quell'idea era solo una vaga utopia. Una sinistra consapevole, in Europa, è una sinistra che sa difendere i valori delle conquiste sociali e ampliare l'area delle opportunità. Per le donne, per i giovani, per i meno fortunati. Se chi lo fa è nato nel benessere gli rendo merito. Perché -vedi- per fare vera politica occorre avere una visione molto ampia del divenire storico e del rapporto tra prassi ed umanesimo. Ed è molto difficile che questa visione sia nutrita dal vissuto di chi, per colpa della società, è stato emarginato. Vissuto, non letto o raccontato. E qualcuno che ha provato sulla sua pelle certe realtà della società americana piuttosto che danese o russa dei tempi dell'URSS, ha sicuramente elementi di confronto e di riflessione più chiari. Non per niente Lenin ha capito che la Rivoluzione (e io, nel nostro contesto, dico: le battaglie per la difesa dei valori sociali) la fanno le avanguardie.
Attenzione poi a mischiare insieme ingredienti come Anarchia ed esaltazione della civiltà contadina. Sono due mondi opposti. L'anarchia, come ogni movimento socialmente dinamico (incluso il Risorgimento delle nobildonne che scopavano con Garibaldi), nasce dalle élite. Che non necessariamente è un élite di censo, ma è spesso un élite dell'intelligenza o dell'intraprendenza.
Non inginocchiarti supinamente ai luoghi comuni con cui cercano di imbrigliarci, non credere che la democrazia, basata sulla maggioranza degli idioti, sia il miglior sistema possibile. È solo il meno peggio. L'ideale sarebbe l'aristocrazia, cioè il governo dei migliori. Il problema è che funzionerebbe a meraviglia se decidessi io chi sono i migliori. E nel dubbio che ciascuno abbia dei migliori una sua opinione legata ai suoi visibili o invisibili interessi, bisogna turarsi il naso e fidarsi dell'acume del signor Ermenegildo Bianchi, che vota per Coda o per Aramu senza capire un cazzo di calcio.
Non puoi parlarmi di Anarchia, cioè di una visione estremamente dinamica ed elitaria e nel contempo sviolinare i contadini. Sui contadini la penso esattamente come Stalin. Un conto sono certe suggestioni della vita contadina, la contemplazione dei germogli che rinascono, i ritmi immutabili del clima e tutta la paccottiglia che puoi ritrovare anche nella mistica dei nativi americani (non so se oggi si possa ancora dire: pellerossa). Altro conto è la figura sociale. Il contadino è conservatore. E non potrebbe essere altrimenti: legato al ciclo delle stagioni, della semina e dei raccolti, all'alternanza di vita e morte. Ma non solo. È fortemente e indissolubilmente legato alla natura. Quindi crudele. Dimentica Piero Angela e, se ci arrivi, Rousseau. Lo stato di natura è una condizione orribile e terrificante, dove la notte è un incubo, dove non sai se ti risveglierai al mattino, dove ogni angolo può nascondere un nemico, dove sei fortunato se qualcuno dei tuoi figli sopravvive alla fanciullezza, dove non hai amici ma tutt'al più complici interessati. "Finché gli dai da mangiare il contadino è tuo amico, ma se ha fame e ne ha l'opportunità ti sgozza, cucina le tue interiora, fa filetti con le tue chiappe, brodo con le tue ossa e quel che rimane lo dà in pasto ai maiali, che saranno le sue prossime vittime" (Stalin). Il contadino uccide e divora quel che uccide. È legato all'ineluttabilità della natura. Inclina all'orrore della religione, perché la sua visione del mondo, oltre che terrorizzata, è così panteistica da aver bisogno del trascendente per esorcizzare la sua ignoranza di tutto ciò che appare più complesso. Credimi, il contadino è una barriera elevata contro ogni ipotesi di sviluppo sociale. Per età, i miei nonni erano tutti nati nell'800, e tutti di stirpe contadina. Si erano inurbati non appena maggiorenni per sfuggire all'oppressione di un'esistenza ripetitiva in quanto vuota di ogni stimolo intellettualmente vivace. Ma negli anni 50, bambino, mi capitava di visitare le loro "curt" originarie. Grandi edifici a forma di U, con le abitazioni, i fienili, le stalle e tutt'attorno i campi. La curt era retta da un "rugiur". I figli che si sposavano portavano le loro donne nella curt, dove dovevano sottostare alle regole fissate dal regiur. Le donne che si sposavano andavano a vivere in curt diverse. Solo raramente il regiur acconsentiva a che il marito delle cortigiane fosse ammesso nella curt. C'era un solo spazio comune, che era la cucina con il refettorio. Non entrava niente che avesse un che di "moderno". Il libero pensiero non era ammesso, semmai qualcuno avesse pensieri diversi dalle superstizioni religiose e dagli aneddoti di vita comune. Mi ricordo (avrò avuto forse 5 o 6 anni) che durante una visita, mentre mi servivano polenta e latte, sentivo urla strazianti. Continue e strazianti. Ho chiesto cosa fosse. Mi hanno risposto: "Niente. È il regiur che l'è dree a murì". Il capostipite che sta morendo a poco a poco, soffrendo come una bestia a sentire quelle urla. Mica che chiamassero il dottore o che si impressionassero. Totale indifferenza, mentre in cucina sgozzavano i polli e li spennavano. Conciliare i valori degli anarchici con quelli dei contadini è impossibile, perché non si può conciliare il fondamento dell'utilità a cui si ispira il contadino con l'estetica dell'inutilità che informa ogni passo del progresso umano e soprattutto la "poiesis" degli anarchici. Poieo significa, in greco antico, "fare". Un "fare" che diventa poesia proprio se accetta il rischio dell'inutilità, della trasgressione, della ribellione. Rimanendo legato alla sfera dell'utilità, il contadino, l'uomo in generale, non può che opporsi al progresso e negarsi ad ogni forma di socialità che non sia la sua propria convenienza. È l'inutilità del gesto, la ribellione alla concretezza del banale, che apre orizzonti nuovi, spesso impensati. E non si parla di follia, perché furono poetici (in questo senso) anche i razionalissimi illuministi, che riscattarono la civiltà dall'ignoranza delle superstizioni e dal concetto di autorità regale discesa dal divino. E la più elevata discriminante è quella del piacere. L'uomo che beve e mangia per il proprio piacere, e non solo per sopravvivere, esce dalla condizione animale. L'uomo che scopa per il proprio piacere, e non solo per procreare, esce dalla sfera animale. Per estensione, l'uomo che uccide per un ideale, e non solo per procurarsi cibo, esce dalla sfera animale. Ti dico questo perché non è accettabile confondere ideali progressisti, come quelli degli anarchici, dei libertari, dei marxisti, con il retroterra oscurantista dei contadini. Non di tutte le persone che coltivano la terra (mi vergogno di dover precisare queste ovvietà, ma oggi è facile essere accusati di razzismo), ma dei valori intrinseci della cultura contadina. Poi, sedersi su un prato ed ammirare le stelle o baciarsi in un fienile è bellissimo, ma non è ciò di cui stiamo parlando.
Devo chiudere, anche se ci sarebbe da scrivere per giorni. La politica è la ricerca di azioni utili in un quadro di possibilità concrete. Spesso utilizza evocazioni ideologiche per mettere benzina nel motore. Ma il fine è sempre quello di arrivare a precise conquiste o a opportune difese.
Nell'Euroitalia d'oggi chi ti parlasse di rivoluzione ti racconterebbe delle balle. Ma una sinistra seria ha senso anche indipendentemente da una retorica rivoluzionaria. Certe conquiste sono costate più di quanto chi è nato nella società dei consumi possa immaginare e alcuni concetti-base che risalgono addirittura alla fine del 700 (liberté, egalité, fraternité) sono ben lungi dall'essere pienamente conquistati. Anche solo la Resistenza dei portati umanistici in una deriva mondiale dominata dalla tecnologia e dalla finanza astratta ha un senso profondo. Nell'Italia, che dentro l'anima della sua burocrazia ha continuato ad essere fascista anche dopo la caduta del fascismo, essere "liberal" è già qualcosa. Dirsi socialisti è marcare una continuità storica che ha avuto e dovrebbe continuare ad avere una sua grandezza. Purtroppo non siamo francesi. Mandiamo giù ogni cambiamento come se non ci riguardasse. In Lombardia (non so altrove) stanno smantellando la sanità pubblica. Scientemente. Se ti scoprono un tumore, come è successo a mio cognato, ti dicono che per gli esami clinici occorrono perlomeno 6 mesi e che se tu hai fretta li puoi fare subito, pagando, in una struttura privata. Fai una cosa così in Francia e il giorno dopo i camionisti bloccano le autostrade, gli spazzini ti riempiono le strade di rifiuti, gli studenti e gli insegnati occupano le scuole e scendono in piazza. In Italia glissano e telefonano al cugino che conosce l'ex amante di un medico che magari può mettere una buona parola, o riallacciano i rapporti con lo zio che anni fa ha tenuto a battesimo una bimba che ora è impiegata all'ASL, si sa mai. Qualcuno (uomo o donna) che risuscita il sentimento dei diritti e il valore delle conquiste, non delle elemosine, fa politica di sinistra. E se anche non è la mia politica, lo rispetto e lo appoggio._
Ancora oggi 👏👏👏 e un immenso grazie!